JB | VIDEO | Duecentocinquantamila consumatori abituali in Italia, tra piste campi e palestre. Un fenomeno che non fa distinzione tra professionisti e amatori e che ogni anno muove un giro d’affari di 425 milioni di euro. Non importa come lo si vuole chiamare: epo, nandrolone, eritropoietina. È il doping, la droga dello sport, quell’aiuto chimico che permette di migliorare di qualche frazione di secondo la prestazione in gara o di sentir meno la fatica durante gli sforzi prolungati.
Un imbroglio nel quale sono caduti fior di atleti, da Ben Johnson ad Alex Schwarzer a Lance Armstrong. Solo a casa nostra sono trecentomila gli sportivi indagati dalle Procure da quando, nel 2000, è stata approvata la legge che vieta l’uso di farmaci nelle competizioni sportive. In altri Paesi la situazione è ancora più grave.
L’ultima goccia che rischia di far traboccare il vaso arriva da Ginevra. È il dossier di 323 pagine che la Wada, l’agenzia mondiale antidoping, ha raccolto in undici mesi di indagini e che punta il dito contro la Federazione russa di atletica. L’accusa è pesante, doping di stato con la complicità del ministero dello sport. Più di 1400 test antidoping sarebbero stati distrutti con il benestare di atleti, tecnici e della stessa Iaaf, la federazione internazionale di atletica leggera a cui sarebbero stati pagati centinaia di migliaia di euro. Nei guai anche il presidente della Iaaf, Lamine Diak. “È il più esteso fenomeno di doping dello sport moderno” ha detto Richard Pound della Wada. Ora la Russia rischia una squalifica di due anni (addio ai Giochi di Rio del 2016) e cinque suoi atleti la radiazione.
Grande esperto di doping è certamente Alessandro Donati, consulente Wada con un passato da mezzofondista e alle spalle il bagaglio di esperienza che gli deriva da 35 anni passati nel Coni. Ha scritto un paio di anni fa Lo sport del doping, libro-inchiesta a metà tra sport e denuncia sociale, puntando il dito contro un malcostume e una frode ormai diventate pericolo per la salute e affare per la criminalità organizzata. Donati aveva già messo le sue denunce nero su bianco nel 1989 con l’ormai introvabile Campioni senza valore. Nel suo nuovo Lo sport del doping non risparmia chi dalle scrivanie ha prima coperto e poi tentato di insabbiare. Oggi -scrive Donati- il doping è un qualcosa di complicato e di diverso dalle auto trasfusioni degli anni Ottanta e dal fenomeno fai-da-te denunciato da Zeman e perseguito da Guariniello. Gli atleti sono lasciati sempre più soli e spesso sono gli unici a prendersi le colpe e pagarne le conseguenze. A contare sono i risultati con sponsor e federazioni alla costante ricerca di talenti, anche a costo di costruirli.
Guarda il video della presentazione del libro di Alessandro Donati al Gruppo Abele di Torino.