Clima e migrazione, i due soli argomenti oggi in grado di catturare l’attenzione dell’opinione pubblica. C’è qualcosa o qualcuno in grado di incarnare con la propria situazione le due questioni? Sono i rifugiati ambientali, persone costrette a lasciare il proprio Paese a causa di catastrofi: sono molti e sono destinati ad aumentare. Secondo uno studio dello scienziato Norman Mayer saranno 250 milioni entro il 2050. A livello giuridico internazionale, però, non hanno un riconoscimento definito né diritti da rivendicare.
La Convenzione di Ginevra del 1951 aveva infatti delineato la condizione del rifugiato definendolo “un individuo che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o politico, si trova fuori del Paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della sua protezione”. Nemmeno una parola riguardante i possibili migranti per motivi ambientali. Ma sono passati più di sessant’anni.
Le catastrofi degli ultimi anni hanno riportato al centro dell’attenzione la necessità del riconoscimento di uno status per le persone costrette a espatriare a causa di terremoti, inondazioni, uragani e desertificazione.
Anche Papa Francesco, nella sua enciclica di giugno, aveva condannato la totale indifferenza con cui vengono trattati i milioni di migranti ambientali, privi di alcun tipo di tutela. Un vuoto legislativo devastante per tantissime persone costrette a costruirsi una nuova vita, dopo aver perso tutto, in un Paese che non è il proprio e che non è giuridicamente in grado di tutelarli né di integrarli.
L’ormai prossima conferenza sul clima di Parigi potrebbe dunque ridare speranza, quantomeno attraverso una dichiarazione di intenti, affrontando la questione climatica non solo fissando nuovi paletti per la diminuzione di gas serra e materiali inquinanti, ma proponendo un aiuto concreto a chi ha già pagato a caro prezzo le conseguenze di un’imprevedibilità climatica di cui siamo tutti responsabili.
(Federico Cuomo)