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Negli anni ’70, l’agronomo Giovanni Haussmann criticava l’approccio produttivistico dell’agricoltura industriale, che trascurava gli equilibri ambientali. E sosteneva la necessità di una nuova etica che integrasse conoscenza e rispetto per la natura, un’idea ripresa nel suo libro del 1992, L’uomo simbionte.
Oggi, l’importanza di un’etica agroecologica è sempre più riconosciuta, e sempre più necessaria per affrontare le sfide ambientali e socio-economiche globali. Haussmann ha vissuto, da agronomo, la parabola dell’innovazione dell’agricoltura italiana del periodo compreso fra gli anni Sessanta e Ottanta, durante il quale si è diffuso il modello proposto dalla cosiddetta rivoluzione verde di ispirazione industriale. Un modello focalizzato sugli obiettivi produttivistici e poco attento agli equilibri ambientali.
Per Haussmann, la frattura umanità-ambiente, causa ed effetto di una profonda crisi culturale, non può essere ricomposta se non in un quadro ecologico di profonda revisione dei criteri di comportamento. Ne scrive Stefano Bocchi.