Gaia Lagravinese
Per contrastare la siccità è necessario un cambiamento colturale oltre che culturale.
A sostenerlo il presidente dei Radicali Italiani Igor Boni che ha definito «totalmente fuori bersaglio» le procedure messe in campo dalla Regione Piemonte per far fronte all’emergenza idrica che dallo scorso anno ha colpito tutto il nord Italia.
È la più grave crisi idrica degli ultimi tre secoli: con una riduzione delle precipitazioni che oscilla fra il 50% e il 70% la pianura piemontese dal 2022 ha ricevuto meno acqua di quanta ne cade mediamente in un anno a Tunisi.
Il settore maggiormente colpito dalla siccità è – ovviamente – quello dell’agricoltura. L’anno scorso quasi il 70% dei raccolti di riso è andato e tutte le colture hanno subito danni enormi. Per questo motivo i Radicali hanno di recente consegnato al Consiglio regionale una petizione popolare, avanzando sostanzialmente due proposte. I provvedimenti da adottare dovranno prevedere un risparmio di risorse idriche in agricoltura e tali provvedimenti andranno affiancati da una campagna di informazione rivolta a tutti i cittadini.
Mancherebbe, infatti, la reale percezione del fenomeno in corso: il Piemonte è da un lato la regione con l’agricoltura più esigente di acqua in tutta Europa, dall’altro quella più colpita dalla siccità.
Pochi giorni fa il presidente della Regione Alberto Cirio e il ministro Matteo Salvini hanno visitato i risicoltori di Vercelli esponendo la loro linea d’intervento: costruire nuovi bacini e raccolte d’acqua per salvare le risaie perché, come ha detto Cirio non senza una buona dose di ironia «Non ci metteremo a coltivare mango e papaya».
Basterebbe invece ridurre le superfici occupate da coltivazioni troppo idroesigenti, come il riso e il mais e riconvertire alcuni ettari di terreno a colture che richiedono meno acqua.
Quanto consuma l’agricoltura?
E dell’efficacia di questa “ricetta” Igor Boni propone una prova empirica: riempiendo campioni graduati con quantitativo di acqua proporzionale dimostra che il “bersaglio grosso” del problema è proprio l’agricoltura, per l’ingente quantità di acqua che necessita e che la costruzione di nuovi bacini non è la reale soluzione al problema. Tali bacini infatti potrebbero contenere, a pieno volume, 450 milioni di metri cubi d’acqua ma, a conti fatti, il loro reale contenuto ammonta a 150 milioni di metri cubi, meno di un quarto del loro potenziale effettivo.
Per quanto riguarda il bisogno idrico nelle nostre case esso è pressoché costante e ammonta a 540 milioni di metri cubi, il consumo industriale invece è in leggera diminuzione per via del processo di deindustrializzazione in atto e si attesterebbe sui 480 milioni di metri cubi.
E per l’agricoltura? Sono 4 miliardi e 800 milioni i metri cubi d’acqua necessari alle coltivazioni, la provetta rappresentativa dell’agricoltura è quasi il quintuplo più grande delle altre. È evidente quindi che costruire un bacino in più non può in alcun modo risolvere
il problema, sia perché quelli già esistenti sono in parte vuoti sia perché l’acqua di un eventuale nuovo bacino rappresenterebbe solo una goccia nella marea di quella necessaria alle coltivazioni.
Mettere in campo riforme concrete nella gestione delle acque, far spazio a colture meno idroesigenti, coltivare riso e mais con tecniche meno impattanti rispetto al consumo di acqua: queste le proposte avanzate dai Radicali Italiani «anche a costo di sostituirsi alla Regione».