24 Novembre 2024
Roberta Mauti | Il 5 aprile si è verificato il primo caso in Italia di aggressione mortale da parte di un orso. Torna attuale la questione della convivenza tra uomo e selvatici
Share

Roberta Mauti

Il 5 aprile si è verificato il primo caso, in Italia, di aggressione mortale da parte di un orso. È successo sopra l’abitato di Caldes, in Val di di Sole. Vittima Andrea Papi, giovane ventiseienne che era uscito di casa per fare – come suo solito – una corsa nei boschi. Il mancato rientro ha portato la compagna ad allarmarsi e a denunciarne la scomparsa: qualche ora dopo è stato trovato il corpo senza vita.

L’orsa responsabile dell’attacco è stata identificata e si tratta di JJ4, nei confronti della quale il presidente della Provincia di Trento Fugatti ha disposto l’ordine di abbattimento, decisione che sta sollevando molte polemiche.

Tra i primi a prendere posizione la Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambienti: «È assurdo pensare di risolvere il problema della convivenza con gli orsi ammazzando gli animali, peraltro protetti dalla legge e da accordi internazionali» .

La questione che solleva la Federazione è di quanto effettivamente possa aumentare la sicurezza dopo l’eliminazione fisica degli orsi condannati e anche nel momento in cui si decidesse di trasferirli. Ma dove?

Tra le soluzioni che eviterebbero l’uccisione degli animali ci sarebbe la volontà di mettere in piedi campagne di informazione per la popolazione e per i turisti, cosa che invece è mancata. «Cartellonistica, limitazioni dell’accesso ai boschi dov’è maggiore la probabilità di incontrare gli orsi, corridoi faunistici per favorirne la dispersione su un territorio più ampio – dicono ancora dalla Federazione – ma nel 2018 la Provincia ha rifiutato un piano del ministero dell’Ambiente, finanziato con fondi statali, per il radiocollaraggio e il monitoraggio degli orsi in tempo quasi reale». La proposta per prevenire la tragedia c’è stata, ma mai messa in atto: sarebbe bastata un’adeguata regolamentazione dell’accesso nelle aree a rischio e probabilmente la tragedia non si sarebbe verificata.

Sulla questione è intervenuto anche il Wwf Italia. «In Trentino la popolazione di orsi conta oggi circa 100 esemplari. In un’area turistica e dall’antropizzazione diffusa, in questi ultimi 20 anni gli episodi di interazione aggressiva di orsi a persone sono stati 7, nessuno dei quali ha portato a conseguenze letali per le persone. Questo tragico episodio rappresenterebbe (…) il primo caso di attacco mortale di un orso in Italia», ha spiegato l’associazione.

Fondamentale anche per il WWF fare prevenzione, informazione e sicurezza per non procedere con l’uccisione dell’orso, «Si sta tornando indietro di oltre mezzo secolo verso una logica retrograda. Le cose da fare si conoscono da tempo, ma purtroppo molte non sono state applicate. La gestione faunistica non può seguire l’emotività del momento».

«Voglio chiarire una cosa: la colpa non è di mio figlio e neanche dell’orsa. La colpa va ricercata nella cattiva gestione della situazione” ha detto la mamma di Andrea che sottolinea come il problema non siano gli animali, ma come vengono gestiti.

Il progetto non ha tenuto in considerazione la crescita del numero di orsi che è diventata ingestibile, la mancanza di prevenzione e tutela della popolazione ha contribuito al verificarsi della tragedia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *