25 Novembre 2024
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Carlotta Viara |

Dopo la box limited edition (doppio vinile e cd), è finalmente uscito questo venerdì in versione digitale “Live At Venaria Reale”, l’album registrato lo scorso settembre da Paolo Conte durante il suo concerto alla Reggia di Venaria Reale.

Brani noti e qualche inedito nel bellissimo contesto della residenza sabauda, a coronamento di un successo nel mondo dello spettacolo … non pianificato.

Per la serie: come dai polverosi codici ti passo ai vibranti spartiti musicali.

Ci ha visto lungol’artista piemontese che, con una laurea in tasca in giurisprudenza (ed un padre nel settore “apripista” per la sua ascesa al foro), ha mandato all’aria una forse promettente carriera legale per dedicarsi al jazz ed affini.

Meglio frequentare le sale d’incisione grigie di fumo in cui strimpellare le amate note ritmate che non i grigi tribunali in cui sciorinare i noiosi commi soporiferi – avrà pensato.

Ci vuole coraggio nel lanciarsi in certe scelte ed anche un po’ di fortuna, una volta fatte. Audacia e buona sorte sono un binomio che va a braccetto, anche se – dice il saggio – nella vita vale più un grammo di coraggio che un chilo di fortuna.

In ogni caso, tarature a parte, a lui non sono mancate né l’una né l’altro. Ed è andato così lontano perché straripa di talento. Che da astigiano verace – quale è – ha condito di tenacia, raccogliendo l’eredità di quel “volli, e volli sempre, e fortissimamente volli” del suo da mo’ defunto conterraneo Vittorio Alfieri.

Mente brillante, fine indagatore dell’animo umano (soprattutto di quello femminile), è uno dei cantautori più eleganti dell’attuale panorama musicale. Un uomo colto ed ironico, che con il suo tocco surreale e la sua cifra stilistica originale ha conquistato uno sfegatato pubblico di nicchia.

Di nicchia per quanto riguarda l’Italia. In Francia è osannato da vera e propria celebrità. Ma si sa: nemo propheta in patria.  

D’altra parte, si tratta di un amore perfettamente corrisposto, che il nostro chansonnier  ricambia con generosità, tra francesismi a profusione nei testi delle sue canzoni ed atmosfere estemporanee da reveries nelle sue esibizioni.

Oltreal pianoforte (che ha imparato a suonare da piccolo insieme al fratello Giorgio – anche lui valente musicista – nella cascina del nonno), padroneggia il trombone ed il vibrafono: comeda manuale del classico jazzista, genere di cui si è invaghito fin da giovanissimo, nonostante fosse in quegli anni osteggiato dal regime fascista (troppo filo-americano).

A lui il merito di aver messo in musica famosi pezzi altrui (“Azzurro” di Celentano ed “Insieme a te non ci sto più” della Caselli) e di avere composto varie colonne sonore per il cinema.

Ha, insomma, tutte le carte in regola per essere considerato un gigante, ma il timidone scansa schivo le lodi dribblando sul suo ex “collega” preferito, Enzo Jannacci.

Guarda caso anche lui (non avvocato mancato bensì) non solo medico. E menomale!

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