22 Novembre 2024
Ilenia Gelo | In una società in cui il 15% della popolazione possiede una forma di disabilità, è difficile stabilire cosa significhi essere disabili
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Ilenia Gelo

«Fa veramente male quando una persona a cui tieni si aspetta tutt’altro, rispetto a quello che puoi dare. Questo significa essere incompresi». A parlare è Khalid Dakir, giovane ex studente disabile dell’Istituto Carrara di Lucca. Siamo nel 2021 e, mentre battaglie contro razzismo, violenza di genere e discriminazione sociale si combattono ogni giorno, spesso ci si dimentica di una categoria che lotta incessantemente per vedere affermati i propri diritti: le persone affette da disabilità.

Oggi, in Italia non è soltanto la mancanza di infrastrutture architettoniche adeguate a far paura: ci sono 3 milioni di persone affette da disabilità. 600 mila sono autistiche. E quasi tutte non hanno lavoro.

In una società in trasformazione continua e in cui il 15% della popolazione possiede qualche forma di disabilità, diventa difficile stabilire con esattezza cosa significhi essere disabili. Ogni accezione di significato sembrerebbe riduttiva. Perché, sia che disabili si nasca, sia che ci si diventi, la disabilità si vive. E la si può vivere in maniera diversa: ognuno a suo modo.

La Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità serve proprio a ricordarlo, accrescendo consapevolezza e comprensione tramite la promozione dei diritti e del benessere delle persone con disabilità.

Istituita dall’ONU nel 1992 e sottoscritta l’anno seguente dall’Unione Europea, l’appuntamento del 3 dicembre tratta un tema diverso ogni anno. E quello del 2021 non poteva che essere più attuale – leadership e partecipazione delle persone con disabilità verso un mondo post-COVID-19 inclusivo, accessibile e sostenibile -, aiutando a riflettere su come le persone con disabilità debbano essere considerate una parte del mondo e non un mondo a parte.

Non più, quindi, un mondo da escludere o a cui guardare con pietismo. Non più un mondo da integrare ma soltanto da includere. Perché le persone con disabilità non si devono adattare. Perché non esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B. Perché «se la disabilità, come tutte le condizioni umane è modificabile» come ricorda il direttore della CPD, Giovanni Ferrero, «noi vogliamo che lo sia in meglio».

Ma come si ottiene il meglio? La risposta sarà sempre una, categorica e definitiva: dall’uomo. E, non a caso, la Consulta per le Persone in Difficoltà, che questo lo sa bene, nasce proprio nel 1988 con l’intenzione di contribuire al miglioramento delle condizioni di vita delle persone in difficoltà. Oggi la CPD ha registrato un grande traguardo, accogliendo 30 mila studenti da tutta Italia a una diretta per la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità. Tanti i temi trattati. Tanti i giovani talentuosi presentati durante la diretta. E tanti i progetti che l’associazione piemontese annuncia per il 2022, tra cui l’inaugurazione di un Dipartimento Legale per la piena tutela dei diritti delle persone con disabilità: perché dobbiamo essere tutti uguali di fronte alla legge. Tutti con lo stesso diritto di essere ascoltati.

Ciononostante, al momento il progetto più importante sembra essere l’Agenda. «Abbiamo creato una rete proprio nel momento in cui tutte le reti sembravano frantumarsi» racconta il direttore Giovanni Ferrero.

L’Agenda, la prima in Italia, è un campo di sperimentazione. Ha il compito di raccogliere tutto quello che si fa e che si può ancora fare in materia di disabilità. Inoltre, è stata in grado di coinvolgere, in piena pandemia e nel giro di pochissimo tempo, imprese, università, singoli cittadini: 275 organizzazioni. E, per consentire ad una fetta sempre più ampia di popolazione di partecipare al progetto, al sito internet www.agendoperl’agenda.it una comunità virtuale.

La Giornata internazionale delle Persone con Disabilità mira alla sensibilizzazione; mira a raggiungere tutti perché soltanto con l’aiuto di tutti, con impegno e solidarietà, le persone affette da disabilità possano sentirsi parte di una società che gli appartiene. Difatti, Silvio Magliano, voce di VolTo, non sbaglia quando dice che «per dare una carrozzina a chi ne ha diritto, può esserci un’istituzione, può pensarci l’ASL. Ma fare in modo che quella persona, quel ragazzo o quella ragazza si senta completamente accolto nella nostra società, dipende da noi».

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