22 Novembre 2024
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Che cosa sappiamo sulle varianti del SARS-CoV-19

Varianti del virus SARS-CoV-2 (Mostra risposte)

Quando un virus si replica o crea copie di se stesso a volte cambia leggermente. Questi cambiamenti sono chiamati “mutazioni”. Un virus con una o più nuove mutazioni viene indicato come una “variante” del virus originale. 

Finora sono state identificate in tutto il mondo centinaia di varianti di questo virus. L’OMS e la sua rete internazionale di esperti monitorano costantemente le modifiche in modo che, se vengono identificate mutazioni significative, l’OMS può segnalare ai Paesi eventuali interventi da mettere in atto per prevenire la diffusione di quella variante.

Per saperne di più

In Italia, secondo i dati del Sistema di Sorveglianza Integrata delle varianti di SARS-CoV-2, contenuti nell’ultimo bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità, nel periodo 17 luglio-30 agosto 2021 si osserva una predominanza della variante Delta, dato atteso e coerente con i dati europei.

Queste le varianti che preoccupano di più gli esperti dell’OMS e dell’ECDC (Varianti VOC = variants of concern):

  • Variante Alfa (Variante VOC 202012/01, nota anche come B.1.1.7) identificata per la prima volta nel Regno Unito.
    Questa variante ha dimostrato di avere una maggiore trasmissibilità rispetto alle varianti circolanti in precedenza. La maggiore trasmissibilità di questa variante si traduce in un maggior numero assoluto di infezioni, determinando, così, anche un aumento del numero di casi gravi.
  • Variante Beta (Variante 501Y.V2, nota anche come B.1.351) identificata in Sud Africa.
    Dati preliminari indicano che, nonostante non sembri caratterizzata da una maggiore trasmissibilità, questa variante potrebbe indurre un parziale effetto di “immune escape” nei confronti di alcuni anticorpi monoclonali. Siccome potenzialmente questo effetto potrebbe interessare anche l’efficacia degli anticorpi indotti dai vaccini tale variante viene monitorata con attenzione.
  • Variante Gamma (Variante P.1) con origine in Brasile.
    Gli studi hanno dimostrato una potenziale maggiore trasmissibilità e un possibile rischio di reinfezione. Non sono disponibili evidenze sulla maggiore gravità della malattia.
  • Variante Delta (Variante VUI-21APR-01, nota anche come B.1.617) rilevata per la prima volta in India.
    Include una serie di mutazioni tra cui E484Q, L452R e P681R, la variante Delta è caratterizzata da una trasmissibilità dal 40 al 60% più elevata rispetto alla variante Alfa, ed è associata ad un rischio relativamente più elevato di infezione in soggetti non vaccinati o parzialmente vaccinati.

Sono in corso approfondimenti di ricerca, in collaborazione con i partner internazionali, per capire meglio l’impatto delle mutazioni sul comportamento del virus e per garantire che vengano presi tutti gli interventi di salute pubblica appropriati.

Le stime di prevalenza delle varianti di SARS-CoV-2 sottolineano come la variante Delta sia ormai ampiamente predominante in tutto il territorio nazionale.

Secondo l’ultima indagine di prevalenza, condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, nel periodo 17 luglio-30 agosto 2021, le stime delle cosiddette Variants of Concern (VOC) dimostrano che:

  • la prevalenza della cosiddetta variante Alfa (B.1.1.7) è pari al 2,3%
  • la variante Beta (B.1.351) <0,1% 
  • la variante Gamma (P.1) ha una prevalenza pari a 0,4%
  • la variante Delta (B.1.167.2) ha una prevalenza pari a 88,1% 

La predominanza della variante delta è confermata anche dalla flash survey del 24 agostocoordinata dall’Istituto Superiore di Sanità con il supporto della Fondazione Bruno Kessler e in collaborazione con il Ministero della Salute, le Regioni e le PPAA (Provincie Autonome), che ha stimato una prevalenza nazionale pari al 99,7%. Il campione richiesto per l’indagine è stato selezionato dalle Regioni/PPAA in modo casuale fra i campioni positivi garantendo una rappresentatività geografica e per fasce di età.

I primi dati confermano che tutti i vaccini attualmente disponibili in Italia sono efficaci contro la variante Alfa del nuovo coronavirus (variante VOC 202012/01, nota anche come B.1.1.7).

Vi sono evidenze che quanti hanno ricevuto solo la prima dose di una vaccinazione, che prevede la somministrazione di due dosi per il completamento del ciclo vaccinale, sono meno protetti contro l’infezione con la variante Delta rispetto all’infezione da altre varianti, indipendentemente dal tipo di vaccino somministrato.
Il completamento del ciclo vaccinale fornisce invece una protezione contro la variante Delta quasi equivalente a quella osservata contro la variante Alpha.

L’emergenza di nuove varianti rafforza l’importanza, per chiunque, compresi coloro che hanno avuto l’infezione o che sono stati vaccinati, di aderire rigorosamente alle misure di controllo sanitarie e socio-comportamentali (l’uso delle mascherine, il distanziamento fisico e l’igiene delle mani).

Al fine di limitare la diffusione di nuove varianti, l’Italia ha disposto specifiche azioni di sanità pubblica:

  • rafforzare la sorveglianza di laboratorio nei confronti delle nuove varianti SARS-CoV-2
  • fornire indicazioni per implementare le attività di ricerca e gestione dei contatti dei casi COVID-19 sospetti/confermati per infezione da variante
  • limitare gli ingressi in Italia dei viaggiatori provenienti dai paesi più colpiti dalle varianti
  • realizzare indagini rapide di prevalenza per stimare correttamente la diffusione delle varianti nel nostro Paese
  • disporre misure di contenimento (aree rosse) nelle aree più colpite del Paese anche a livello comunale

meds

88.721.975

Totale somministrazioni

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Totale con almeno una dose

46.461.605 pari al 86,02 % della popolazione over 12(persone con almeno una somministrazione)

Logo
Totale ciclo vaccinale

44.364.421 pari al 82,14 % della popolazione over 12(persone che hanno completato il ciclo vaccinale)

Logo
Totale dose addizionale

210.306 pari al 23,95 % della popolazione potenzialmente oggetto
di dose addizionale

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Totale richiamo (booster)

811.054 pari al 27,14 % della popolazione potenzialmente oggetto di
dose booster che ha ultimato il ciclo vaccinale da
almeno sei mesi

  • Per approfondire

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