Carlotta Viara
Sono iniziate da qualche giorno a Torino le riprese della serie Netflix “Lidia”.
Un tuffo nell’ottocento, con tanto di carrozze, cavalli e decine di divertite comparse (rigorosamente in costumi ed acconciature d’epoca) ad animare piazza Carignano, accogliente salotto del capoluogo piemontese ed uno dei maggiori simboli del nostro Risorgimento.
In programma tredici settimane di set itinerante tra il torinese e l’astigiano, grazie a Fctp – Film Commission Torino Piemonte che ha saputo catalizzare il progetto in terra sabauda.
La fiction, diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire e prodotta da Groenlandia,racconta le vicende realmente accadute di Lidia Poët, prima avvocatessa d’Italia.
Nei panni della protagonista, la giovane attrice Matilda De Angelis, carina e disinvolta in guanti e cappellino, reduce dal successo de “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose”(http://www.ecograffi.it/2020/12/natale-allisola-delle-rose/) che ne ha fatto uno dei talenti più richiesti del momento anche a livello internazionale.
Nata nel 1855 in un piccolo borgo montano del pinerolese, la “pioniera” Lidia Poët si laurea a pieni voti in Giurisprudenza nel 1881 con una tesi sul diritto di voto delle donne; previo praticantato e superamento dell’esame di abilitazione, chiede ed ottiene l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Torino.
E’ la prima volta che ciò accade nel Regno d’Italia ed è subito scandalo.
Il provvedimento viene prontamente impugnato dinanzi la Corte d’Appello, che revoca l’iscrizione in quanto: “L’avvocheria è un ufficio esercibile soltanto da maschi e nel quale non devono punto immischiarsi le femmine … sarebbe disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra … non occorre neppure far cenno del pericolo gravissimo a cui rimarrebbe esposta la magistratura di essere fatta più che mai segno agli strali del sospetto e della calunnia ogni qualvolta la bilancia della giustizia piegasse in favore della parte per la quale ha perorata un’avvocatessa leggiadra”.
Lidia non si arrende all’ingiustizia, ma continua a lottare per far valere le proprie ragioni, esercitando comunque per decenni con tenacia e determinazione “dietro le quinte” nello studio legale del fratello.
Nel 1919 l’approvazione della legge sulle libere professioni ed il lieto fine: la signorina Poët può finalmente spendere il titolo di Avvocato Poët.
Storia di una storia di emancipazione femminile che ha aperto la strada a tante altre belle storie. Prossimamente su questi schermi, ma prima ancora nella vita reale.