22 Novembre 2024
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Carlotta Viara

Zona rossa, zona arancione, zona gialla e, da ultimo, zona bianca … in arrivo.

Non si è mai parlato (ed ironizzato) tanto di colori come adesso.

Eppure c’è uno studioso che se ne sta interessando, in tempi non sospetti, da parecchi anni, al punto da essere considerato lo specialista mondiale dei colori.

Con la sua chicca “Il piccolo libro dei colori“, Michel Pastoureau ci aiuta a capire come: “I colori veicolano tabù e pregiudizi ai quali obbediamo senza rendercene conto e possiedono significati nascosti che influenzano il nostro ambiente, i nostri comportamenti, il nostro linguaggio ed il nostro immaginario”.

Un piccolo saggio senza grandi pretese accademiche; una piacevolissima lettura di poco più che un centinaio di pagine scorrevoli e zeppe di curiosità.

Il rosso è da millenni il colore per antonomasia: l’aggettivo latino coloratus si riferisce nello specifico al rosso, retaggio linguistico che riaffiora in colorado/tinto (=rosso) dello spagnolo moderno.

Già utilizzato per i graffiti rupestri grazie alla facile reperibilità dei pigmenti, era impiegato nell’antico Egitto non solo per i geroglifici, ma anche nelle tinture tessili ed in cosmesi; molto ricercato, pare che fosse pregiato quanto il famoso “blu egizio”.

Carico di significati simbolici, è fin dai primordi associato nel contempo a valenze positive (amore, passione, magnificenza) e negative (guerra, peccato, divieto … come in zona rossa).

Nel medioevo si arricchisce di connotazioni religiose (il sangue di Cristo contrapposto alle fiamme degli inferi); la rivoluzione francese, nonché a seguire le altre, gli conferisce un’aurea ideologica, presente tuttora in ambito politico.

Le spose di qualche secolo fa sfoggiavano il rosso “orgoglioso, pieno d’ambizione e assetato di potere” … il prediletto da papi ed imperatori ed ancora oggi preponderante (nel suo tono porpora) nei cerimoniali delle alte cariche.

L’arancione non ha avuto la stessa fortuna nel mondo occidentale, pur essendosi progressivamente imposto come propulsore di vitalità ed energia.

Nel sistema cromatico dei nostri antenati classici era relegato nella categoria delle “mezze tinte”, ritenuta secondaria rispetto ai più quotati colori primari: la zona arancione è proprio così, terra di confine tra il rosso ed il giallo.

Usato nell’arte decorativa e soprattutto per gli indumenti femminili, il giallo antico aveva in realtà una tonalità ocra (tipo lo zafferano), quasi aranciata; era, insomma, un giallo “rinforzato” … come la zona gialla rinforzata.

Simbolo di gioia (il richiamo al sole vien da sé), cade in disgrazia in epoca rinascimentale (solo le prostitute erano di giallo vestite), per poi riprendere quota e diventare oggi, in pieno contesto pandemico, il colore più ambito cui “appartenere”.

Il bianco è un colore? La questione è scientificamente dibattuta.

Kandiskij, nel suo trattato, lo definisce la somma di tutti i colori dell’iride che si annullano in esso; difficile non considerarlo tale, dato che, con il rosso e l’opposto nero, rappresenta da sempre uno dei tre pilastri dello spettro cromatico.

Ambivalenza anche per “il più antico e fidato”; se, da un lato, espressioni come “notte in bianco” o “foglio in bianco” evocano incompiuto, dall’altro, il rimando immediato è all’innocenza ed alla purezza: la luce divina è di un bianco accecante.

Il bianco cui tendono a candidarsi tutte le regioni, in attesa che rispunti l’arcobaleno.

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