Francesca Grassitelli
La pornografia può avere valore politico e sociale?
Quando sentiamo il termine pornografia, pensiamo subito ai meccanismi di rappresentazione della sessualità che dominano nel porno tradizionale, di tipo colonialista, fallocentrico e con la sola funzione di eccitare lo spettatore.
“Une Dernière fois” è invece un film-manifesto, inclusivo, anti-sessista, anti-razzista, etico, oltre la performance sessuale.
Prodotto da Géraldine Nougès e dall’associazione Fish&Chips Film Festival, con la regia di Olympe de G., è il primo di una serie di proiezioni dedicate al cinema per adulti nell’ambito del Torino Film Festival.
L’idea nasce dal desiderio di riconciliare cinema e pornografia etica, in una duplice finalità: da un lato quella di dar voce alla produzione contemporanea riguardante la sessualità in tutte le sue declinazioni e, dall’altro, quella di aprire un confronto su temi che ancora oggi sono ritenuti un tabù.
Questo film-manifesto racconta la storia di Salomé, una donna di 69 anni che ha deciso di porre fine alla sua esistenza ricorrendo al suicidio assistito. Decide perciò di pianificare anche la sua ultima cena, il suo ultimo film, ma soprattutto il suo ultimo rapporto sessuale.
Filmata da Sandra, una documentarista, Salomé organizza un cast in cui sperimenta corpi e fantasie di 7 diversi partner tra cui una coppia, per scegliere con chi di loro vivere l’ultima “prima volta”.
L’obiettivo è quello di realizzare un film-documentario che sia il più possibile vicino alla realtà.
Eliminando la dimensione prettamente fisica e meccanica del porno tradizionale, creato dagli uomini e per gli uomini, viene celebrata l’unione tra sessualità e amore.
In questa rappresentazione ogni spettatore può rivedere la propria intimità, fatta di giochi, complicità, divertimento e consenso.
Ed infatti la sfera sentimentale è ben percepibile. Salomé impara ad amare i partner con cui si confronta, nella loro interiorità e corporeità.
Questi, a loro volta, insegnano a Salomé ad amare se stessa attraverso il suo sesso, a sentirsi realmente libera e viva. “Vedo che mi amo”, è quello che dice alla documentarista, guardandosi attraverso la camera.
Ama il suo piacere, la sua pelle, la sua dignità, ma soprattutto si ama nonostante gli anni.
Nella produzione cinematografica, ancor di più se erotica, i corpi invecchiati non vengono quasi mai rappresentati. Ma anch’essi sono umani. Anch’essi sono ancora in grado di provare piacere.
Allo stesso tempo, perché il piacere dovrebbe essere negato ad una persona affetta da disabilità?
Accogliendo la diversità dei corpi, delle identità, dei desideri, queste due donne ci insegnano ad accettare e rivendicare il diritto di tutti al piacere.
Il sesso è una componente naturale della vita umana. E parlarne dovrebbe essere normalizzato. Esprimere i propri desideri, farlo con gli occhi bendati, filmarsi, non sono atti di trasgressione. Ma ce lo lasciano credere.
Ci insegnano a nascondere le nostre pulsioni, soprattutto se sei donna. E a furia di nasconderle, perdiamo una parte di noi stessi.
Ma nessuno ci dice come proteggerci, come rispettarci e rispettare gli altri. Dobbiamo impararlo da soli, leggendo qualche libro o qualche articolo, ma lo impariamo per lo più attraverso la pornografia.
Il problema è che nel porno tradizionale, molto spesso, consenso e rispetto vengono a mancare.
E allora crediamo che la normalità siano i rapporti di forza, il solo piacere dell’uomo, che la donna non sia altro che un oggetto.
Per questo, in un’epoca in cui l’unico strumento di educazione sessuale facilmente accessibile è rappresentato dalla pornografia, è importante produrre una pornografia etica.
Come fa “Une Dernière fois”. Che è un manifesto inclusivo, femminista, morale ed educativo.