Alice Bertolini | Sono centinaia le persone che oggi continuano a morire nel mondo: per la guerra, per la fame, o per i viaggi tortuosi in mare. Le notizie non smettono di allarmarci: tuttavia, a fare la vera differenza sono le immagini, le uniche capaci di colpirci come uno schiaffo in faccia.
Nel suo In mare non esistono taxi Roberto Saviano si sofferma sull’importanza dell’impatto visivo per la presa di coscienza di fenomeni di importanza globale. Il giornalista, conosciuto in tutto il mondo per la sua lotta contro la mafia, si dedica da tempo alle tematiche più attuali e al problema dell’immigrazione. In mare non esistono taxi rappresenta un libro-denuncia delle condizioni al limite della sopravvivenza che i migranti si ritrovano a sperimentare nelle acque mediterranee.
Durante la presentazione del suo ultimo lavoro al Salone del Libro, Saviano ha dimostrato quanto la testimonianza fotografica sia importante rispetto alle sole parole, proiettando alcune delle fotografie che più hanno segnato storicamente la coscienza collettiva.
Huynh Cong Ut scattò questa fotografia nel 1972 in un paesino del Vietnam, Trang Bang. Lo scatto cattura l’immagine di alcuni bambini che fuggono da un bombardamento di napalm: i vestiti di una di loro, in particolare, sono stati completamente inceneriti dalla sostanza infiammante.
La fotografia portò l’attenzione del pubblico del mondo intero sul problema della Guerra in Vietnam, che cambiò improvvisamente volto. Infatti, fu la prima fotografia a rappresentare dei bambini al centro dei bombardamenti: immediatamente questa guerra entrò nei cuori di tutti, benché tutti sapessero della sua esistenza anche prima.
Altra fotografia su cui l’attenzione di Saviano si è concentrata è stata quella scattata nel 1993 da Kevin Carter, reporter sudafricano. Lo scatto raggelante rappresenta un avvoltoio nell’atto di osservare un bambino in gravi condizioni di denutrizione. L’immagine ebbe un impatto fortissimo a livello globale, modificando per sempre la percezione della società occidentale sulle condizioni al limite della sopravvivenza nei paesi dell’Africa.
Non era una novità che in certe regioni del mondo si potesse morire di fame: questa fotografia, tuttavia, fu l’elemento che maggiormente fece spalancare gli occhi sul fenomeno che rimane oggi la principale causa di morte di un bambino africano su quattro. (FAO)
Altro caso ancora è quello di Alan Kurdi. Il bambino, ritrovato morto sulla spiaggia turca di Bodrum nel 2015, getta per la prima volta uno sguardo sul problema dell’immigrazione. A differenza dei bambini presenti nelle altre foto, questo bambino è privo di vita. Ma soprattutto, potrebbe trattarsi di un bambino italiano, o francese, o di un qualsiasi altro paese europeo. Per questo lo scatto sconvolge la società occidentale e, ancora di più, la società europea, ponendola di fronte a una carneficina che ha luogo a pochi kilometri dall’Europa.
In tutto il mondo si assiste attraverso i canali di comunicazione alle innumerevoli disgrazie che colpiscono l’umanità, ma niente è mai stato capace di risvegliare gli animi come le fotografie riescono a fare. La riflessione di Roberto Saviano ci fa prendere atto di quanto la sola parola sia inutile per smuovere le coscienze, e quanto invece la testimonianza visiva sia fondamentale perché qualcosa possa cambiare.