Gaia Lagravinese
Arriva nel cortile del Rettorato dell’Università di Torino la protesta degli studenti contro il caro-affitti. Lunedì 15 maggio, di prima mattina, gli universitari di Cambiare Rotta con zaini e sacchi a pelo hanno montato le loro tende sotto il doppio loggiato dell’ateneo, unendosi alle manifestazioni che si sono diffusa in tutte le università d’Italia.
Cercare casa a Torino non è facile e non è economico. I prezzi medi di una stanza sotto la Mole oscillano tra i 350 e i 600 € al mese.
«Cifre insostenibili – dice chi protesta – per gli studenti lavoratori che con un part time guadagnano appena 200 € al mese e per i borsisti di Edisu, che nella fascia più bassa percepiscono un importo di 6.900 € all’anno, a conti fatti poco più di 550 € al mese».
In città ci sono oltre 100 mila studenti, di questi 20 mila sono fuori sede. I posti letto nelle residenze pubbliche sono appena 2.200.
Quello che non manca, invece, sono le speculazioni dei privati. Ne è un esempio l ’edificio dell’ex Moi, costruito nel 2006 in occasione delle Olimpiadi e di recente preso in gestione da un ente privato, Camplus, già insediatosi nella palazzina pubblica Aldo Moro. Qui i prezzi delle stanze si aggirano attorno ai 500 euro mensili.
La scarsità degli alloggi pubblici e l’esoso costo delle alternative private innesca una logica malata di meritocrazia e competizione, che solo dall’inizio di quest’anno ha portato al suicidio tre universitari italiani. Le contraddizioni e le ingiustizie di questo sistema sono
evidenti, e sono strutturali.
«Il problema degli affitti non è più rimandabile perché ci toglierà il futuro, ad alcuni sta già togliendo il presente» , afferma Ada Perini di Cambiare Rotta.
Tra le rivendicazioni dell’organizzazione universitaria anche l’abolizione della legge 431/ 98, che ha di fatto liberalizzato e in molti casi de-regolarizzato il mercato degli affitti. In più, la reintroduzione dell’equo canone e una mappatura nazionale degli edifici sfitti, ai fini di una loro riqualificazione da destinare all’edilizia pubblica.
Sentita anche la necessità di un welfare studentesco, che tuteli gli studenti delle classi popolari attraverso l’introduzione di un reddito universitario minimo, soprattutto in conseguenza del caro-vita dell’ultimo anno.
Perché la soluzione può ma non deve essere la fuga all’estero. Lo spiegano bene le parole sugli striscioni: «restare per lottare e lottare per restare». Lottare affinché quello alla casa e allo studio divengano davvero diritto di tutti, e non privilegio di pochi.