Dora Mercurio
Sono stati quasi 170 mila i visitatori della passata edizione del Salone del Libro di Torino e anche quest’anno le aspettative sono quelle di un’affluenza record.
Un pubblico, quello del Salone, attratto non più e non solo dai libri, ma soprattutto dai grandi ospiti che ad ogni edizione popolano il programma. Guest star che spesso fanno parte del mondo della musica, dello spettacolo, dello sport più che di quello letterario.
Ospiti che rispondo ai nomi di Federica Pellegrini, Claudio Marchisio, Ermal Meta, Carolina Crescentini, Fabio Caressa e Benedetta Parodi, per citarne alcuni di quelli in cartellone quest’anno.
Ad aprire le porte dei padiglioni del Lingotto giovedì 18 maggio sarà la giornalista e scrittrice bielorussa premio Nobel per la letteratura nel 2015 Svetlana Aleksievic, che inaugurerà la cinque giorni alla (consueta) presenza di istituzioni e autorità.
Al taglio del nastro è buon uso, infatti, che a Torino arrivino i presidenti di Camera e Senato, senza contare le partecipazioni dirette o quantomeno i messaggi di sostegno inviati da tutti i Presidenti della Repubblica.
E, immaginando un toto-nomi, sicuramente non potranno mancare all’edizione numero trentacinque Stefano Lorusso e Alberto Cirio, sindaco di Torino e presidente della Regione Piemonte che, da buoni padroni di casa, non si sottrarranno a uno degli eventi più importanti dell’anno.
Ma chi, tra ministri e sottosegretari, vedremo arrivare da Roma per una passeggiata tra le sale e tra gli stand del Salone? Con i numeri che alle comunali del 2021 hanno visto un balzo in avanti rispetto alla tornata del 2016 (10,64% contro 1,47%) Fratelli d’Italia e i suoi esponenti non dovrebbero temere agguati in una Torino non più “rossa” come una volta.
Ospiti a sorpresa
Dopo la “passerella” al Salone del Mobile verrà quindi il/la presidente Giorgia Meloni, appassionata lettrice di fantasy e di horror magari alla ricerca di un’edizione rara e introvabile dei tanto amati John Ronald Reuel Tolkien e Stephen King? Magari accompagnata dal presidente del Senato Ignazio Benito Maria La Russa, che i più maligni immaginano già allo stan di RCS per sfogliare le amate pagine rosa della “Gazza”?
O farà capolino, invece, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini a cui, come risulta dalla sua pagina Facebook, piace molto Mauro Corona? Sarà in sala per seguire il dialogo tra l’alpinista scrittore e l’imprenditore Oscar Farinetti?
L’ufficio stampa del Salone del Libro non ha ancora nessuna notizia (certa) in merito.
Più probabile che da Palazzo Chigi venga “mandato in trincea” il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, magari per approfondire dal palco dell’inaugurazione (o, perché no, questa volta in conferenza stampa) quanto dichiarato nei mesi scorsi a proposito di un fondo per la promozione della lettura, di detrazioni fiscali e di abbassamento dell’Iva per i prodotti culturali.
Eppure, sarebbe bello per una volta sfatare quei luoghi comuni al limite degli stereotipi che vedono i politici di destra “bistrattati” per una supposta loro poca confidenza con le questioni culturali, pizzicati – a volte – da comici e vignettisti per alcuni errori ortografici di troppo nella compilazione dei curricula e dei moduli di Camera e Senato.
Chi legge chi
Così come sarebbe un buon esercizio poter capire se la nuova generazione di politici di destra-centro, a volte troppo occupata a “combattere” la satira, ha i suoi riferimenti. Magari slegati dagli ormai “classici” Benedetto Croce, Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello, Piero Chiara, Giuseppe Prezzolini, Jorge Luis Borges, Louis Ferdinand Céline.
Tutti figli e nipoti del secolo breve che ormai ci siamo lasciati alle spalle.
Forse quel Michel Houellebecq, inviso alla gauche francese per le sue posizioni contro eutanasia e islamizzazione, avvicinato a sovranisti e populisti dopo il suo endorsment di qualche tempo fa a Donald Trump?
Ai nostri politici (che siano di destra, di sinistra o con le idee ancora confuse) sfugge quasi sempre un dettaglio: la cultura non ha colore.
Chi fa cultura, chi vive di libri, arte, musica (o per dirla come il senatore Gasparri “chi suona il putipù”) spesso l’unica cosa che vuole è diffondere la propria passione e portare un po’ di bellezza in questo mondo sempre più arido.
E poi, come una volta ebbe a dire Ernest Hemingway a Ivan Kashkeen, che aveva tradotto in Unione Sovietica due suoi racconti, «uno scrittore non può fare concessioni a nessun governo».