21 Novembre 2024

Foto: www.rai.it

Dora Mercurio | Anche la 73° edizione del Festiva di Sanremo va in archivio. E tutti, volenti e nolenti ci siamo lasciati trasportare nel suo vortice di musica e polemiche
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Dora Mercurio

Con 12.256.000 telespettatori e uno share del 66% si è conclusa anche la 73° edizione del Festival di Sanremo. Un’edizione record con il numero più alto di spettatori mai registrato, senza contare le persone che lo hanno seguito su web e social.

Volenti o nolenti, tutti una settimana all’anno veniamo coinvolti in questo vortice di musica. E polemiche.

Chi lo guarda, passa la settimana a commentare con chiunque gli si pari davanti presentatori, canzoni e outfit. Chi non lo guarda, passa la settimana a spiegare il perché e a chiedersi il motivo per il quale viene costretto a pagare il canone Rai.

Ma per quale motivo la nostra mente viene catalizzata su Sanremo?

Sicuramente incide il “monopolio” di notizie che ogni giorno riempiono la tv e le pagine dei giornali. Ma le notizie si sa, ci sono perché evidentemente qualcuno le legge.

Difficile che la spiegazione si possa trovare nell’originalità della kermesse dal momento che ogni anno si risentono le stesse polemiche e questa edizione non è stata da meno.

Non è nuova la polemica sul poco spazio che è stato lasciato alle donne dato che se ne parla da quando c’erano le vallette “bionde” e “more” di Pippo Baudo. Non è neppure una novità il bacio tra Rosa Chemical e Fedez, precursori tra gli altri Luca Bizzarri e Gianni Morandi, Fiorello e Del Noce.

Non sono nuove le polemiche legate a ciò che Fedez e gli Articolo 31 hanno detto sul nostro governo: ve lo ricordate il testo di Italia si, Italia no degli Elio e le Storie tese?. Senza contare i vari outfit provocanti che Renato Zero e Anna Oxa hanno “insegnato” alle generazioni italiane future.

Forse, le uniche cose che meritava commentare e che invece sono passate praticamente in sordina sono state la presenza per la prima volta del Presidente della Repubblica o che grazie all’escamotage del FantaSanremo molti under 30 si sono riavvicinati a un evento nazionale che aveva visto una “fuga di massa” dei giovani dall’ultima partecipazione di Milva nel 2007. (Non per colpa della Pantera di Goro, ca va sans dire).

Ma allora perché le persone sono spinte a parlarne così tanto?

Possiamo trovare una delle risposte nel lavoro svolto dai due sociologi e psicologi Roy Baumeister e Mark R. Leary che hanno studiato il bisogno di appartenenza e lo hanno identificato come: «un bisogno fondamentale dell’essere umano essenziale per strutturare la propria identità e che svolge tre funzioni principali: crea coesione nel gruppo, definisce i propri confini nei confronti di altri gruppi e regola le relazioni con l’esterno». 1 (Per approfondire clicca QUI)

Un bisogno universale quindi, in grado di procurare sofferenza quando non soddisfatto e cioè quando la persona si sente esclusa.

Senza addentraci in teorie psicologiche non essendo questo il luogo adatto e non avendo nemmeno le competenze, una riflessione però possiamo farla.

Per l’essere umano sentirsi parte di qualcosa è un fenomeno biologicamente importante. Se poi questa appartenenza a uno schieramento piuttosto che all’altro ci permette di rinvigorire la nostra rete sociale, magari recuperando rapporti persi con la scusa di commentare un festival…

Se può essere un tema di discussione per avvicinare le persone e per stimolare dibattiti e conversazioni tra generazioni, beh allora ben venga il Festival di Sanremo.


1 Psicologia dei gruppi. Teoria, contesti e metodologie d’intervento, Barbara Bertani (Curatore) Mara Manetti (Curatore) Franco Angeli, 2007

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