I quotidiani italiani dedicano una media di due articoli al giorno alla crisi climatica, ma gli articoli che trattano in maniera diffusa e approfondita il problema sono solo la metà. Invece ampio spazio è riservato a inserzioni e pubblicità di industrie dei combustibili fossili, di aziende dell’automotive, di compagnie aeree e crocieristiche, settori tra i maggiori responsabili del riscaldamento del pianeta.
A dirlo – numeri alla mano – è Greenpeace Italia, che il 13 luglio ha reso noti i risultati di uno studio realizzato dall’Osservatorio di Pavia, il più autorevole istituto di ricerca indipendente specializzato nell’analisi della comunicazione.
L’Osservatorio ha preso in considerazione 500 articoli pubblicati dal 1° gennaio al 30 aprile di quest’anno dai cinque quotidiani più diffusi: Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire e La Stampa.
Negli articoli la crisi climatica è raccontata principalmente come un tema economico (nel 45,3% dei casi), quindi come un tema politico (25,2%) e solo in misura minore come un problema ambientale (13,4%) e sociale (11,4%). E quando si parla di “crisi climatica” le aziende sono il soggetto che ha più voce in capitolo (18,3%), superando esperti (14,5%) e associazioni ambientaliste (11,3%).
Cinque i parametri applicati per stilare la classifica dei quotidiani: 1) quanto parlano della crisi climatica 2) se tra le cause sono citati i combustibili fossili 3) quanta voce hanno le aziende inquinanti 4) quanto spazio è concesso alle loro pubblicità 5) se le redazioni sono trasparenti rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti.
«Questo studio – ha detto Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia – dimostra la pericolosa influenza esercitata dalle aziende inquinanti sulla stampa italiana. Basti pensare che in quattro mesi, nei 528 articoli esaminati, le compagnie petrolifere sono indicate tra i responsabili della crisi climatica appena due volte».
Spiega ancora Sturloni: «grazie alle loro generose pubblicità, che spesso non sono altro che ingannevole greenwashing, le aziende del gas e del petrolio inquinano anche il dibattito pubblico e il sistema dell’informazione, impedendo a lettori e lettrici di conoscere la gravità dell’emergenza ambientale che stiamo vivendo».