22 Novembre 2024
Oggi l'1% della superficie della Terra è al limite dell'abitabilità a causa delle temperature elevate. Entro il 2070, questa percentuale potrebbe salire al 19%
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Fonte: Scienza in rete

Oggi l’1% della superficie della Terra è al limite dell’abitabilità a causa delle temperature elevate. Entro il 2070, questa percentuale potrebbe salire al 19%. Sono miliardi le persone che oggi abitano questi territori. Dove andranno?

Così cominciava un articolo pubblicato alla fine di luglio del 2020 dal New York Times Magazine dal titolo “The Great Climate Migration”. La storia partiva dal Guatemala, dove l’aumento dei periodi di siccità alternati a violente alluvioni stanno compromettendo la produttività di molte piantagioni, riducendo nella povertà assoluta coloro che di agricoltura hanno finora vissuto e sopravvissuto.

Secondo un rapporto della World Bank del 2018, questa dinamica riguarderà altre regioni oltre all’America Centrale, in particolare Sudamerica, Asia meridionale e Africa subsahariana, dove entro la metà del secolo potrebbero essere decine di milioni le persone costrette a spostarsi verso le coste e nelle città a causa del cambiamento climatico, i cosiddetti migranti climatici interni.

L’articolo del New York Times rendeva conto, inoltre, di un modello realizzato in collaborazione con la testata ProPublica, il Pulitzer Center e con la collaborazione di uno dei ricercatori della World Bank, per quantificare l’impatto del cambiamento climatico sulla migrazione internazionale.

Il modello stima che il cambiamento climatico spingerebbe tra 700 mila e 1 milione di persone dall’America Centrale agli Stati Uniti da qui al 2050, il 5% del totale dei migranti che viaggerebbero su quella rotta.

Secondo alcuni ricercatori queste stime non sono sufficientemente robuste e probabilmente sopravvalutano il fenomeno. In una specie di circolo vizioso, le politiche internazionali presentano la migrazione climatica come un rischio per la sicurezza e un fattore capace di aggravare guerre e conflitti e influenzano così la ricerca scientifica su questo tema che tende a rinforzare il nesso tra cambiamento climatico, migrazione e minaccia alla sicurezza.

Questo circolo vizioso ha giustificato le politiche securitarie di alcuni stati che hanno investito nel controllo dei confini e non hanno introdotto politiche di accoglienza e integrazione adeguate. «La migrazione, sia quella internazionale che quella interna da zone rurali verso le città, è uno strumento di adattamento al cambiamento climatico», dice Cristina Cattaneo, ricercatrice al Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti Climatici ed esperta di migrazioni, «ma non dobbiamo dimenticare che la migrazione internazionale è molto costosa, solo i più ricchi possono permettersi di intraprendere viaggi verso paesi lontani magari con redditi molto più elevati».

In effetti uno studio coordinato da Hélène Benveniste della Harvard University e pubblicato la scorsa settimana sulla rivista Nature Climate Change, ha concluso che questo strumento potrebbe presto diventare inaccessibile per le parti più povere della popolazione proprio a causa del cambiamento climatico, almeno per quello che riguarda la migrazione internazionale. In alcune regioni del mondo la migrazione internazionale delle fasce più povere della popolazione potrebbe ridursi dal 10% al 33% entro la fine del secolo.

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