Il Piemonte corre ai ripari e vara misure di emergenza per contrastare la crisi idrica e porre rimedio allo stato di sofferenza dell’agricoltura.
Si comincerà rilasciando acqua dai bacini idroelettrici per aumentare la portata dei fiumi, poi verranno autorizzate deroghe al deflusso minimo vitale dai corsi d’acqua e infine verrà aumentato il pescaggio dai grandi laghi, iniziando dal Maggiore. Tutto sotto la supervisione di un tavolo di crisi permanente.
A illustrare le linee di intervento è stato il presidente della Regione Alberto Cirio. «Al momento – ha detto in una conferenza stampa in piazza Castello – la situazione è sotto controllo per quanto riguarda gli usi civili dell’acqua potabile, ma abbiamo uno stato di emergenza molto grave per l’agricoltura».
In Piemonte, tra dicembre e marzo, è stato infatti registrato un periodo senza piogge di 111 giorni, il secondo più lungo degli ultimi 65 anni. La prolungata assenza di precipitazioni in inverno e in primavera, dicono da ARPA, ha compromesso la disponibilità idrica di bacini e invasi, le cui scorte sembrano destinate a esaurirsi presto. Il manto nevoso in quota si è ridotto del 60% e le piogge – attese comunque non prima della fine del mese di giugno – non riusciranno a migliorare la situazione. Senza contare che diversi affluenti del fiume Po sono in secca.
Anche SMAT ha allertato i comuni della Città Metropolitana di Torino, inviando ai sindaci una bozza di ordinanza per limitare l’uso dell’acqua potabile qualora la situazione dovesse ulteriormente peggiorare.
«Oggi – ha spiegato ancora Cirio – in Piemonte sono 170 i comuni che hanno adottato o stanno adottando ordinanze sull’uso consapevole dell’acqua potabile. In altri dieci, soprattutto del Novarese, è stato necessario ricorrere all’interruzione notturna della fornitura». Altri undici centri abitati tra Val Susa, Val Pellice, e Canavese vengono riforniti da autobotti.
Ben più difficile la situazione dell’agricoltura. Secondo Confagricoltura «la situazione è di criticità estrema per la produzione di fieno, stimata in calo del 40%, dell’orzo e del grano che vanno incontro a una riduzione della produzione del 30%».