Francesca Grassitelli
Torna una nuova puntata di Antropos – Viversano, la trasmissione di ambiente, salute e società diretta dal medico e giornalista Giorgio Diaferia e in onda ogni domenica su Telecupole.
Questo nuovo appuntamento, tutto dedicato al tema della protesi d’anca, ha visto la partecipazione del professor Alessandro Maria Massè, ordinario di ortopedia presso l’Università di Torino.
Diverse sono le situazioni in cui è necessario intervenire con la protesi d’anca, come l’artrosi o la coxartrosi, che fa in modo che lo strato di cartilagine vada con il tempo assottigliandosi sempre di più, con la conseguenza che le parti ossee iniziano a sfregare l’una contro l’altra.
Negli ultimi anni la chirurgia della protesi dell’anca ha avuto un successo notevole, soprattutto se si tiene conto del rapporto benefici-rischi. Si tratta di una chirurgia sostitutiva cui si ricorre quando il paziente soffre di disturbi molto invalidanti. Ad esempio, nelle forme iniziali di artrosi l’acido ialuronico ha dimostrato una buona efficacia, in casi più gravi è invece necessario intervenire con una protesi per avere una stabilità adeguata.
Se si tratta di protesi cementate, c’è il rischio che dopo 20 anni questa si deteriori e l’intervento per sostituirla è chiaramente più importante ed invasivo. Ecco l’importanza dei fisioterapisti, fondamentali per il decorso post operatorio del paziente, che nella maggior parte dei casi si risolve entro i primi due mesi.
In alcuni casi è possibile che si verifichino anche delle complicanze, anche se sono percentualmente molto basse. La più diffusa è l’infezione, che frequentemente deriva da batteri che vanno a colpire le zone interessate dall’intervento; altri rischi sono la lussazione, la frattura o la lesione del nervo femorale e del nervo sciatico. A tal proposito, importante è anche lavorare sulla prevenzione delle cadute e dunque sull’equilibrio del paziente.
Più o meno ogni due anni si ricorre ad una revisione della protesi, che può prevedere il cambio di tutta o di una parte di essa. Bisogna infatti sempre monitorare lo stato di saluta della protesi, per verificare che questa non si stia usurando. La revisione risulta oggi più accurata soprattutto grazie alla Tac, che permette di produrre dei modelli in 3D e di pianificare l’intervento già in precedenza.
In sostanza ci sono due diversi tipi di protesi, le cosiddette protesi normali e quelle di rivestimento. Per quanto riguarda quest’ultime, esse rivestono il versante femorale con una sorta di guscio in metallo: si tratta di una chirurgia di nicchia adoperata in casi selezionati, ma più problematica sia a causa dello sfregamento tra metallo e metallo sia perché l’intervento prevede la rottura dell’osso interessato. Nella protesi normale, invece, il movimento avviene fra una biglia di ceramica e un inserto sempre di ceramica o di materiale polimerico.