Francesca Grassitelli
Torna Antropos – ViverSano con una puntata di grande attualità: la nuova riforma della medicina del territorio e come questa offrirà assistenza ai profughi provenienti dall’Ucraina.
Ospiti di questo appuntamento Alessandro Dabbene, medico di medicina generale presso la Segreteria provinciale della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (FIMMG), il sottosegretario al Ministero della Salute Andrea Costa e infine il direttore della Caritas diocesana Pierluigi Dovis.
La medicina del territorio sta infatti per vivere un’importante riforma che prevede l’edificazione delle cosiddette case della comunità, al fine di mantenere ben diffusa la capillarità dei medici di base, attualmente circa 60 mila in tutta Italia. Il Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza (PNRR) si prefigge di mettere in collegamento i medici di famiglia con altri attori della sanità, creando delle occasioni di incontro all’interno di queste case della comunità che divengono così in grado di prendere in carico gli assistiti in maniera multidisciplinare.
E’ comunque importante preservare un rapporto diretto tra il medico e il proprio assistito, cosa possibile nel lavoro del libero professionista e meno in quello del dipendente, che deve sottostare a gerarchie e meccanismi esterni.
Problematico è anche il rapporto tra la medicina ospedaliera e quella del territorio: già il Covid ha evidenziato un accesso inadeguato ai pronto soccorsi e la mancanza di strumenti per far fronte a numeri così alti di pazienti. Bisogna allora irrobustire l’assistenza domiciliare e la medicina generale ambulatoriale: a questo proposito, le cosiddette USCA, ossia le unità speciali che hanno preso in carico i pazienti covid verranno trasformate in figure di aiuto e supporto al medico di famiglia per la gestione di diverse attività trasversali. Accanto a ciò, è importante incrementare anche la telemedicina, tramite telefono e portali web.
Secondo il sottosegretario al Ministero della Salute, è fondamentale creare le condizioni ottimali per svolgere questa professione, che ricopre un ruolo strategico nella rete dell’assistenza territoriale. Per questo, le case della comunità saranno composte da infermieri, pediatri, medici di famiglia, fisiatri e altre figure sanitarie, anche se al momento resta il grande problema della mancanza di personale.
Questo problema si ripercuote certamente sui profughi provenienti dall’Ucraina, per i quali il Ministero ha fornito alcune indicazioni. Innanzitutto è stato concesso ai medici ucraini di poter esercitare la loro professione anche in Italia; in secondo luogo, ogni Asl prevede degli ambulatori destinati alle persone non ancora iscritte al Servizio Sanitario Nazionale e volte a fornir loro assistenza di base. E’ inoltre in atto un protocollo per fornire rapidamente ai profughi con permesso di soggiorno di tipo umanitario un codice fiscale, ma ancora da risolvere è la problematica della mediazione linguistica.
Nella prospettiva di Pierluigi Dovis, direttore della Caritas diocesana, l’accoglienza dei profughi ucraini risulta infatti particolarmente complessa. Attualmente un grande aiuto è fornito dai Cas, Centri di accoglienza straordinari per le persone straniere, che offre loro alloggi, servizi di mediazioni linguistica, accompagnamento per documenti e questioni burocratiche e sanitarie, e inserimento nel circuito formativo e lavorativo. Inoltre, anche molti enti privati stanno mettendo a disposizione i propri alloggi.
E’ però importante non limitarsi a fornire cibo e un tetto a queste persone, ma creare attorno a loro una vera e propria rete di supporto che li aiuti a rimettere in piedi la propria vita.