Alessandra Ferrara
«Se hai 16 anni e vivi nel quartiere più bello di Roma sei fortunato. Il nostro è il migliore dei mondi possibili. Siamo immersi in questo acquario bellissimo ma sogniamo il mare. Ecco perché per sopravvivere abbiamo bisogno di una vita segreta»
Sono le parole con cui si apre e conclude il primo episodio della prima e dell’ultima stagione della serie TV prodotta da Netflix “Baby”, liberamente ispirata allo scandalo delle baby prostitute del quartiere romano dei Parioli nel 2013.
Il contesto sociale in cui vivono le protagoniste della serie, Chiara e Ludovica, è quella della Roma bene a base di famiglie ricche, di scuole dove ricevere la migliore educazione, di party esclusivi. Una sorta di aristocrazia moderna dove in realtà ci si sente come pesci rossi intrappolati nell’acquario delle apparenze, del mantenere rapporti (dis)umani attraverso accordi scomodi che ledono anche la propria dignità. Un’acqua torbida di mancata lealtà e rispetto in cui tutti conservano dei segreti pur di raggiungere i propri fini senza scrupoli in cui la parola d’ordine è il ricatto. Un ambiente che non risparmia nessuno: neanche due adolescenti. Affascinate dal lusso sfrenato, dal fare qualcosa di scandaloso per sentirsi accettate, concedono i loro corpi a uomini adulti diventando delle prostitute.
«Ho sempre osservato gli altri. Non capivo perché tutti sapevano chi erano ed io no. Io non lo ho mai capito. Avevo paura di sbagliare, di deludere (…). Quell’apatia mi faceva sentire adulta, sembrava la soluzione a tutto».
Chiara, Baby 3
Nessuno, infatti, le obbliga. Lo fanno solo per sentirsi vive. Si sentono accettate in un contesto totalmente estraneo alla quotidianità che ha loro assegnato un’etichetta, come se tutto fosse già scritto fin dalla nascita ma senza chiedere chi voglio essere: la ragazza modello una, Chiara; l’incompresa strana l’altra, Ludo.
Non sono stupide, anzi: gestiscono disinvolte una doppia vita attraverso cui vincono le loro insicurezze fino al punto di rendersi conto però, di non voler più vivere in quel mondo di lussuria, di sregolatezze, di bugie. Un contesto a cui hanno venduto, però, il corpo, la genuinità della loro fanciullezza senza neanche rendersene conto.
«Mi guardo allo specchio e non vedo una vittima, mi guardo intorno e credo che la cosa più giusta sarebbe ammettere che ognuno di noi in fondo è responsabile».
Chiara, Baby 3
Le parole di Chiara sono uno schiaffo anche i genitori, responsabili di non aver capito, o di aver voluto far finta di non vedere pur di salvaguardare il nome della famiglia, la posizione sociale per fuggire alla vergogna.
Una vergogna simile a quella di cui non voleva macchiarsi, a suo tempo, l’imperatore Ottaviano Augusto. È la Roma dei principi del mos miorum, del celeberrimo circolo letterario di Mecenate a cui appartenevano poeti come Virgilio ed Orazio, della costruzione del Campo Marzio: un periodo di rinascita intellettuale, artistica, economica e sociale per rendere Roma grande.
Il potente imperatore aveva una figlia, Giulia che all’età di soli due anni promise in sposa. All’epoca era una pratica assai comune, infatti, combinare matrimoni per scopi politici.
Gli storici descrivo Giulia come una ragazza bellissima, colta e allo stesso ribelle: amava sedurre ed essere sedotta. Ebbe ben tre mariti, il cugino Marcello che sposò appena quattordicenne, poi Agrippa il braccio destro dello stesso Augusto ed infine Tiberio figlio della matrigna Livia: non aveva scelto nessuno di questi uomini, le erano stati imposti.
Probabilmente la sua libertà intellettuale la indusse anche alla libertà dei costumi: ebbe numerosi amanti tra uomini politici e poeti dando libero sfogo alla lussuria e alla licenziosità.
Forse Giulia voleva nuotare fuori dall’acquario che le aveva imposto regole ferree quali la fides, la pietas, la majestatis, la virtus e la gravitas che lei visse a modo suo. Addirittura prese parte ad una congiura nei confronti del padre che la esiliò, accusandola di adulterio e tradimento, a Ventotene.
Non le era concesso avere contatti con nessuno, nemmeno con i figli. Soprattutto le erano proibiti incontri con uomini. Il padre le aveva imposto anche la via della redenzione!
Nella solitudine dell’isola, Giulia potrebbe aver trovato quella libertà tanto cercata e mai conquistata spogliandosi da giudizi, imposizioni e doveri imposti.
Chiara, Ludovica e Giulia: tre ragazze delle Roma bene, di epoche diverse ma in comune la ricerca di sé stesse in un mondo che non gli appartiene. Il fascino della libertà le induce a toccare il fondo. Si perdono negli sguardi e in corpi estranei spazzando via pudore e dignità. Vogliono, però, ritrovarsi come quando si prova quella sensazione di vertigine prima di un tuffo, ma poi si emerge soddisfatti più di prima.