Carlotta Viara |
Dinastia degli Angela tremate, un nuovo divulgatore si aggira per la rete ed è il concittadino Alessandro Barbero, torinese doc (100% made in Turin) che sta minando la supremazia di Pierosenior&Albertoiunior nella c.d. comunicazione culturale di massa.
Perché anche lui divulga … forte, anzi, fortissimo.
In un’epoca di opinionisti La Qualunque ed influencer da strapazzo, lui s’en va, da bravo intellettuale, incurante della vanità/schiavitù dei like.
Understatement tipicamente sabaudo, inflessione dialettale che tradisce le sue origini: si vede (soprattutto dalla scelta originale degli argomenti trattati) che fa il suo mestiere per pura passione, con rigore e misura, infischiandosene allegramente dell’omologazione imperante.
Grazie al suo genuino interesse per le retrospettive storiche “di nicchia”,incarna la rivincita dello studioso sulle banalità che in giro dilagano in abbondanza.
Maturità classica al liceo Cavour, laurea in lettere (con una tesi, ça va sans dire, in storia medievale) e dottorato alla Normale, l’egregio (nel senso etimologico del termine) professore universitario, tra saggi accademici, libri, articoli giornalistici, rubriche tv, ha un cursus honorum di tutto rispetto (inclusa la vincita, nel 1996, del premio “Strega”).
Il picco di popolarità presso il grande pubblico generalista è stato però curiosamente raggiunto, più che per le apparizioni televisive, grazie alle sue conferenze da tutto esaurito: postate su YouTubedagli entusiasti partecipanti, hanno fatto incetta di visualizzazioni, accattivandosi la simpatia (anche) di giovani e giovanissimi.
Il passaparola ha fatto il resto: niente siti autocelebrativi officialeniente profili personali social …solo tanto amore per la cultura e voglia di condividerlo.
Ci pensano poi gli estimatori (ironicamente definiti i suoi fedeli “vassalli”) a diffondere cotanta conoscenza, in un proliferare di fan pagesesalotti virtuali (in stile Circolo Pickwick – versione 2.0).
Difficile avventurarsi nella coraggiosa impresa di rendere digeribile l’epopea di un Carlo Magno o di trasformare la battaglia di Lepanto in un racconto avvincente; eppure lui, con quel fare sobrio e spiccio, è riuscito laddove molti altri colleghi hanno fallito, riportando in auge la centralità della storia e restituendole il giusto appeal.
Il che, nel caso specifico degli anni bui dell’età di mezzo, è praticamente un miracolo.
Il segreto di tanto successo, al netto degli espedienti narrativi di cui si avvale (ora attingendo all’aneddotica ora indulgendo nell’interpretazione in chiave umoristica), sta probabilmente nell’approccio socratico (il famoso “sapere di non sapere”) di un uomo intelligente che, come tutte le persone intelligenti, ha, nella professione come nella vita, più domande che risposte.