21 Novembre 2024
Carmela Pontassuglia | I versi di Leopardi narrano la storia di due donne dotate di eccezionale intelligenza e grande sensibilità che non sono riuscite a placare la malignità e la cattiveria della natura umana. Saffo e Sara Hegazi
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Carmela Pontassuglia

I versi di Leopardi nell’Ultimo canto di Saffo narrano la storia di due donne dotate di eccezionale intelligenza e grande sensibilità che non sono riuscite a placare la malignità e la cattiveria della natura umana. Saffo e Sara Hegazi.

Placida notte, e verecondo raggio… Della cadente luna; e tu che spunti… Fra la tacita selva in su la rupe, Nunzio del giorno; oh dilettose e car… Mentre ignote mi fur l’erinni e il fato, Sembianze agli occhi miei; già non arride … Spettacol molle ai disperati affetti […]

Un’immagine di idilliaca tranquillità avvolge l’atmosfera nostalgica di una giornata apparentemente innocente. Le tenebre della notte lasciano il posto al “nunzio del giorno” che illumina la scogliera dell’isola di Leucado, scenario di un’imminente tragedia.

Leopardi da voce alla poetessa greca vissuta nel VII secolo A.C.

Originaria dell’isola di Lesbo nell’Egeo, nata e cresciuta in una famiglia aristocratica, ha dedicato la sua vita alla poesia e all’insegnamento.

Direttrice e maestra di in un tiaso ha educato e formato tante giovani fanciulle secondo i principi della società dell’epoca: amore, capacità di seduzione, canto, danza, eleganza, raffinatezza e grazia.

Il fascino dei suoi canti in cui celebra l’amore e la passione per le donne, diventano il paradigma dell’amore omosessuale femminile e da cui hanno avuto origine i termini “saffico” e “lesbico”.

Noi l’insueto allor gaudio ravviva … Quando per l’etra liquido si volve … E per li campi trepidanti il flutto … Polveroso de’ Noti, e quando il carro, Grave carro di Giove a noi sul capo, Tonando, il tenebroso aere divide… Noi per le balze e le profonde valli… Natar giova tra’ nembi, e noi la vasta… Fuga de’ greggi sbigottiti, o d’alto… Fiume alla dubbia sponda… Il suono e la vittrice ira dell’onda […]

Saffo tormentata dalle sofferenze causate dal destino avverso e delusa dall’amore non corrisposto di Faone, non è più in grado di apprezzare la bellezza della natura. Un animo infelice stimolato solo alla vista di fenomeni violenti e distruttori, quando il limpido cielo viene molestato da tuoni, venti e fulmini.

Versi burrascosi nei quali si riflette l’immagine dell’interiorità sofferente, stanca e torturata di una donna che ha combattuto per la libertà e l’amore. Sara Hegazi, come Saffo, o forse ispirata dalla poetessa greca, è un’attivista egiziana lesbica per i diritti della comunità LGBTQ+ e delle donne.

In Egitto non esiste accettazione sociale e sicurezza personale. Le persone omosessuali non sono tutelate dalla legge, anzi discriminate, emarginate e costrette a nascondersi per evitare di essere denunciate e arrestate con l’accusa di offendere la morale e la sensibilità pubblica, violare la religione e incitare alla propaganda di idee e moralità depravate.

Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella Sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta Infinita beltà parte nessuna … Alla misera Saffo i numi e l’empia… Sorte non fenno. A’ tuoi superbi regni.. Vile, o natura, e grave ospite addetta, E dispregiata amante, alle vezzose Tue forme il core e le pupille invano Supplichevole intendo. A me non ride L’aprico margo, e dall’eterea porta… Il mattutino albor; me non il canto De’ colorati augelli, e non de’ faggi
Il murmure saluta: e dove all’ombra Degl’inchinati salici dispiega Candido rivo il puro seno, al mio Lubrico piè le flessuose linfe Disdegnando sottragge, E preme in fuga l’odorate spiagge. […]

Due ospiti indesiderate della vita terrena

Saffo si definisce la dispregiata amante di quella stessa natura che non le ha donato neanche un briciolo di bellezza. Perfino il torrente disdegna la sua presenza sulla riva e cambia tragitto per non sfiorarle il piede.

Un amore a senso unico vissuto anche da Sara, che in preda alla disperazione recita:

A te, mondo, sei stato molto ingiusto con me, ma ti perdono. “

Fatale uno scatto fotografico

Settembre del 2017, Sara aveva 28 anni è a un festival di musica al Cairo con i suoi amici. Ospite della serata Mashrou’ Leila, il cantante di un gruppo pop libanese, dichiaratamente gay. In mezzo alla folla spiccano bandiere arcobaleno, un gesto di gioia e liberazione contro ogni tipo di oppressione.

Un suo amico le scatta una fotografia che subito diventa virale sui social network e in televisione.

Scoppia l’odio nei suoi confronti. Minacce di morte e commenti razzisti invadono la suo quotidianità e pochi giorni dopo viene arrestata dalle guardie del servizio segreto interno egiziano e condotta in un centro di detenzione gestito dall’Agenzia di Sicurezza nazionale.

Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso Macchiommi anzi il natale, onde sì torvo Il ciel mi fosse e di fortuna il volto?… In che peccai bambina, allor che ignara Di misfatto è la vita, onde poi scemo… Di giovanezza, e disfiorato, al fuso Dell’indomita Parca si volvesse Il ferrigno mio stame? Incaute voci Spande il tuo labbro: i destinati eventi Move arcano consiglio. Arcano è tutto, Fuor che il nostro dolor. Negletta prole Nascemmo al pianto, e la ragione in grembo… De’ celesti si posa. Oh cure, oh speme De’ più verd’anni! Alle sembianze il Padre, Alle amene sembianze eterno regno Diè nelle genti; e per virili imprese, Per dotta lira o canto, Virtù non luce in disadorno ammanto.

Perché così tanta sofferenza per Saffo e Sara?

Forse il legittimo desiderio di vivere pubblicamente il loro amore omosessuale.

Ma, possiamo ancora nel 2020 condannare una ragazza per aver sventolato una bandiera e accusarla di incitamento alla deviazione e alla dissolutezza sessuale, come se vivessimo nell’età classica dell’antica Grecia?

Prelevata da casa, davanti alla sua famiglia, viene bendata e poi il buio.

Sara non sapeva dove la stessero portando, di quel giorno ricorda solo un odore nauseabondo, gemiti di dolore sparsi per il corpo, un pezzo di stoffa in bocca e infine una scossa elettrica.

In prigione le torture proseguono

Vittima di violenze e aggressioni sessuali, fisiche e verbali, da parte delle sue compagne di cella incoraggiate dalla polizia, la povera Hegazi, poco dopo, viene trasferita in isolamento.

Sara per molto tempo non vede la luce del sole, perde la sensibilità e la capacità di stabilire un contatto sensoriale con il mondo esterno e le persone.

Come Saffo, si sente estranea alla madre terra che le aveva dato la vita.

Dopo le pressioni di alcuni diplomatici occidentali e sudamericani, nel 2018 Sara è libera.

Libera dalle sbarre, ma non ancora dai pregiudizi e dalla cattiveria della gente. Ripudiata da alcuni membri della famiglia e licenziata, cade in una terribile depressione.

Per paura di subire altre molestie e di essere nuovamente arrestata scappa in Canada dove le concedono asilo politico.

Morremo. Il velo indegno a terra sparto, Rifuggirà l’ignudo animo a Dite, E il crudo fallo emenderà del cieco Dispensator de’ casi… E tu cui lungo Amore indarno, e lunga fede, e vano D’implacato desio furor mi strinse, Vivi felice, se felice in terra Visse nato mortal. Me non asperse Del soave licor del doglio avaro Giove, poi che perìr gl’inganni e il sogno
Della mia fanciullezza. Ogni più lieto Giorno di nostra età primo s’invola… Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l’ombra Della gelida morte. Ecco di tante Sperate palme e dilettosi errori, Il Tartaro m’avanza; e il prode ingegno Han la tenaria Diva, E l’atra notte, e la silente riva.

Saffo e Sara sono consapevoli che l’unica certezza della vita è il dolore

Leopardi apre la quarta ed ultima strofa quasi pugnalandoci alle spalle. Freddo e diretto narra il tuffo mortale della giovane Saffo nel Mar Ionio. L’ultimo pensiero va all’unico uomo da lei amato, Faone, a cui augura tutta la fortuna e la felicità a lei estranea.

Domenica 14 giugno 2020 la storia si ripete. Il mondo intero è scioccato alla notizia del suicidio di Sara Hegazi. Soffriva di attacchi di panico, l’ansia la stava divorando, balbettava e tentò il suicidio per ben due volte.

L’ultimo suo messaggio lo ha rivolto ai suoi fratelli, alle sue sorelle e ai suoi amici, confessando di aver provato a sopravvivere, ma il dolore era diventato troppo pesante e la forza che l’ha sempre contraddistinta troppo fragile.

Le due donne, così distanti storicamente e culturalmente, si sono ricongiunte a fine vita.

Entrambe hanno scelto di porre fine a una vita crudele, con un atto per loro che profuma di libertà e non di sconfitta.

La bandiera “saffica” di Sara continuerà a sventolare liberamente come simbolo d’amore.

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