21 Novembre 2024
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di Ginevra d’Angelo Il secondo appuntamento di Circonomìa, festival dell’economia circolare e delle energie dei territori, ci porta nei vigneti per respirare un’aria nuova.

Roberto Cavallo, direttore artistico e moderatore della discussione, ci accompagna in un viaggio alla scoperta della sostenibilità nella viticoltura Italiana, dando voce ad esperti del settore su temi quali innovazione ed effetti della crisi climatica.

Lectio Magistralis

Il primo intervento è quello di Stefano Caserini, Docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, il quale apre il dibattito con una lezione sugli effetti dell’attività umana sul pianeta.

La scienza del clima ci dice che è l’attività umana, attraverso l’uso dei combustibili fossili per produrre energia, ad aumentare la concentrazione di CO2 nell’atmosfera con la conseguenza di un’aumento dell’effetto serra naturale e delle temperature.

Tutto questo ha un notevole impatto sul pianeta, il professor Caserini individua due azioni possibili per la salvaguardia dell’ambiente, una di mitigazione e una di adattamento.

Con mitigazione parla di una riduzione del problema alle sue origini, mediante l’uso di energie rinnovabili, e con adattamento intende una limitazione degli impatti inevitabili, ad esempio porta uno studio sulla diversificazione della viticoltura.

L’adattamento in vigneto ed in cantina

Usciamo dalle aule scolastiche per addentrarci di più nel merito della questione con l’intervento della dottoressa Gloria Luzzani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, che presenta il progetto VIVA.

VIVA (Valutazione dell’Impatto della Vitivinicoltura sull’Ambiente) è un programma per la sostenibilità della vitivinicoltura che si rivolge alle aziende e fortemente voluto dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Attraverso quattro indicatori di sostenibilità (aria, acqua, vigneto e territorio) si propone di migliorare gli impatti del settore vinicolo e di certificarli attraverso etichette digitali che permettono la consultazione dei progressi svolti dalle aziende aderenti.

La dottoressa Luzzati spiega che a beneficiare del programma non è solo la natura, anche le aziende hanno un riscontro diretto in termini di diminuzione dei costi, valorizzazione del territorio e di miglioramento della competitività e del marketing.

La parola alle aziende

Della stessa idea sono le testimonianze delle aziende vinicole che hanno optato per un’agricoltura più sostenibile mediante una conversione al biologico e al biodinamico.

La discussione ha toccato diverse aree, da quella più strettamente tecnica, riguardante la preparazione del terreno, l’acclimatamento della vite, i danni dell’aratura e delle piogge, trattata da Enzo Brezza (Azienda Agricola Brezza), a quella burocratica presa molto a cuore da Sara Vezza (Josetta Saffirio Wines) che vuole delle risposte dalle industrie chimiche, in merito alla richiesta di prodotti senza rame, e dai costruttori di trattori.

«Non esistono ancora delle risposte concrete, normate, ma anche proprio dei tavoli di concertazione che ci aiutino ad andare in una determinata direzione» queste le parole di Sara Vezza che ritiene l’agricoltura biologica «una necessità, non può essere più una scelta».

Il minimo comune denominatore che emerge da questo dibattito e che permea tutte le testimonianze è il concetto di equilibrio, ben descritto da Enrico Rivetto (Azienda Agricola Rivetto) «nel momento in cui ti rendi in equilibrio con ciò che fai […] è già un piccolo successo.

La sostenibilità in questi termini diventa anche un fare concretamente del bene a se stessi e alla propria attività, ed è quello che crede Alessandro Ceretto (Ceretto Vini) quando sostiene che qualsiasi avversità si cura meglio con una pianta ed un suolo sani.

Si è già fatto molto come abbiamo potuto sentire dai racconti di questi imprenditori illuminati, ma  «la terra non si salva con gli illuminati» come ci insegna Furio Fabbri (Azienda Agricola Beatesca).

Quest’ultimo e il collega Gianfranco Torelli (Azienda Agricola Mario Torelli), richiamano entrambi l’attenzione sulla difficoltà di conversione della testa, molti agricoltori neganogli impatti climatici della loro attività, e sulla necessità un cambio di paradigma, di una nuova coscienza collettiva.

Bisogna immaginare una nuova società

Ed è proprio sui temi della trasformazione e della diversità che si conclude la seconda giornata di Circonomìa con gli interventi di Vincenzo Gerbi (Dipartimento Scienze Agrarie Forestali e Alimentari, UniTo), Giacomo Olivero (Scuola Enologica di Alba) e Ivana Brignolo (Associazione Nazionale Le Donne del Vino).

L’attuale crisi climatica è un campanello dall’allarme che deve aprire gli occhi, è necessario un impegno maggiore ed una radicale trasformazione nel modo di vivere e di agire.

Bisogna immaginare, perché solo chi immagina può creare un sistema agricolo nuovo ed una nuova società.

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