Sovranismi, tribù, fluidità, globalità. I direttori dei principali giornali italiani dialogano sul futuro del Paese: il volto dell’Europa è destinato a cambiare.
Alice Bertolini | La 32esima edizione del Salone del Libro
quest’anno ci ha deliziato con numerose iniziative e percorsi fuori dal comune. In concomitanza con le Elezioni Europee, lo staff del Salone ha organizzato un intero set di incontri dedicati al tema dell’Europa, alla sua evoluzione storica e politica, e al suo assetto attuale.
Molti sono gli intellettuali che hanno preso parte al dibattito incentrato sul futuro dell’Unione Europea: Erri De Luca, Fernando Savater, e alcuni direttori delle più importanti testate giornalistiche italiane.
In una conferenza tenutasi il 10 maggio si è parlato del futuro del nostro Paese dopo le elezioni del 26 maggio. Dopo una breve descrizione dello stato dell’arte in cui ognuno dei direttori ha espresso le proprie previsioni sull’esito delle elezioni, il discorso è andato a toccare le radici più profonde, culturali e storiche di quello che si prospetta come uno spartiacque nella storia del nostro continente. “Siamo alla vigilia di grandi cambiamenti”, ha esordito Tamburini (Il Sole 24 Ore).
Maurizio Molinari (La Stampa) ha dipinto l’Italia dopo il 26 maggio come “più tribale e più fluida”, citando lo stesso Nicola Lagioia, direttore del Salone. Anche l’Europa, secondo questa previsione, si potrà definire più tribale, ma certamente meno fluida dell’Italia.
Con tribale, si fa riferimento al concetto ancestrale e conflittuale insito nel termine “tribù”. Gli scontri così definiti tribali si intravedono già in tutta Europa, con maggiore frequenza nei Paesi in cui sono presenti disuguaglianze economiche e in cui è maggiormente diffuso il fenomeno dell’immigrazione.
Con fluidità si intende invece una fluidità elettorale caratteristica dei cittadini italiani, capaci di disaffezionarsi alle figure precedentemente votate. Diverso è invece il caso degli altri Paesi europei, caratterizzati da una maggiore stabilità politica e da una minore probabilità di spostamenti massicci di grandi quantità di voti elettorali.
Verdelli (La Repubblica) ha definito a sua volta il pubblico di elettori italiani come un pubblico bipolare: ci sono stati partiti di centro-destra, centro-sinistra, e il governo Lega-5stelle non può che confermare questa dualità insita nelle stesse scelte elettorali degli italiani. Ed è proprio questo che provoca una precarietà del governo, e che rende l’Italia, secondo Verdelli, “un paese difficilmente governabile”.
Se uno dei due partiti al governo risultasse svantaggiato al termine di queste elezioni, il contratto tra Lega e 5 Stelle potrebbe venirne danneggiato: in tal caso cambierebbe veramente il volto del nostro governo. In relazione a questo, Fabio Tamburini (Il Sole 24 Ore) ha voluto porre l’accento sul caso Siri, invitando tutti a non sottovalutarlo perché causa di una profonda lacerazione tra Lega e 5 Stelle.
Cruciale nel dialogo tra direttori è stato il problema dei sovranismi, sorti insieme ai nazionalismi ma profondamente distaccatisi per il loro potere non unificante ma disgregante (Molinari).
In Italia non abbiamo mai conosciuto i sovranismi (Verdelli): le forze cosiddette sovraniste o populiste tendono a svilupparsi maggiormente in altri paesi europei, in quelle aree in cui è più forte la globalizzazione, causa della perdita di certezze economiche, e l’immigrazione, causa della perdita di certezze culturali (Fontana, Corriere della Sera).
Benché non costituiscano delle forze politiche vere e proprie, ma delle correnti trasversali individuabili in diversi partiti politici (Cusenza, Il Messaggero), i sovranismi rimangono una minaccia per l’Unione Europea (Tamburini).
I sondaggi rimangono il nostro unico punto di riferimento concreto, e dimostrano quanto al giorno d’oggi vi siano più dubbi che certezze riguardo all’esito di queste elezioni.
Incerto è anche il futuro dell’Europa e dell’Italia dopo il 26 maggio: le sfide del nostro Paese non si limitano unicamente al voto europeo. L’esito di queste elezioni dovrà farci prendere atto dei cambiamenti che noi per primi dovremmo pretendere dal nostro governo e dalla stessa Europa.