Gilberto Germani | Presidente Enpa Saronno | Nel 1992 la stampa informava per la prima volta dell’esistenza in Italia di lotte tra cani organizzate clandestinamente, all’inizio soprattutto in meridione ma, successivamente, in diverse regioni dell’intera penisola.
Le razze più richieste sono Pitbull, Bulldog, Boxer, Bullterrier, Rottweiler, San Bernardo, Mastino dei Pirenei, Dogo Argentino e American Bulldog, mentre i meticci sono utilizzati per la “preparazione” e “l’allenamento” dei cani da lotta.
Gli animali provengono anche da allevamenti ma, nella maggioranza dei casi, da furti a privati o da acquisti da trafficanti, che si procurano gli esemplari prevalentemente nei paesi dell’Est, dove il costo è minore.
I cani destinati ai combattimenti sono sottoposti fin da cuccioli a un estenuante allenamento.
A partire dalla somministrazione d’eccessive quantità di vitamine e proteine, all’assunzione di droghe eccitanti, all’amputazione di orecchie e coda alla scopo di fornire all’avversario meno parti di presa, sono poi costretti a correre per molte ore consecutive, picchiati, lasciati per giorni al buio, legati e senza cibo. Il passo successivo è un’alimentazione a base di carne cruda e piccole prede vive, come topi e galline. Per abituarli alla lotta sono tenuti, sempre al buio e senza cibo, con una forte luce di lampada alogena puntata sopra la testa e vengono gettati loro addosso un gatto, un piccolo cane, vivi.
Quando “salgono sul ring”, ritrovano le stesse condizioni: buio intorno, lampada alogena e un cane ringhioso di fronte. Il tutto fa scattare in loro immediatamente l’aggressività, come da addestramento.
I luoghi scelti per i combattimenti sono discariche abusive, cave, terreni abbandonati e comunque zone isolate alla periferia delle città. Qui, dentro una fossa attorniata da una folla sadica e crudele, i cani drogati si avventano l’un contro l’altro in una lotta all’ultimo sangue: fino a due ore di ferite profonde, atroci sofferenze, mutilazioni e sanguinosa violenta.
Il perdente, se non è già morto, viene “finito” con un colpo di pistola: l’unico atto di pietà riservatogli. Il vincitore, nel caso in cui non venga soppresso perché inutilizzabile nuovamente, godrà di “cure” e “attenzioni” al fine di essere ristabilito per il successivo combattimento
Dei 15 mila cani che ogni anno vengono coinvolti in combattimenti, stando agli ultimi dati Enpa, 5.000 perdono la vita sul “campo di battaglia”. Uno su tre, dunque, non ne esce vivo, vittime e protagonisti inconsapevoli di un mercato che frutta alla criminalità organizzata «300 milioni l’anno», stima Carla Rocchi, presidente Enpa.
Bande internazionali di criminali controllano il traffico dei cani dall’arrivo, di provenienza estera, alla diffusione in tutta Italia.
Le singole scommesse variano da 250 a 50.000 euro per i combattimenti tra campioni, mentre la partecipazione a un combattimento frutta al padrone/addestratore decine di migliaia di Euro.
Mentre le associazioni animaliste s’impegnano a combattere il crudele fenomeno, con proposte di legge o accogliendo nelle proprie strutture i cani sequestrati per fornire loro cure e terapie riabilitative, si chiede la collaborazione ai singoli cittadini, invitati a sporgere denuncia o a segnalare alle autorità i casi di cui vengono a conoscenza; cittadini che però, troppo spesso, sono frenati dalla paura di minacce o ritorsioni
Attraverso la Legge 189 del 2004, fortemente voluta dalla LAV, è stato finalmente introdotto il divieto di combattimenti tra animali (Art. 544-quinquies): e così chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro. La pena è aumentata da un terzo alla metà se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate, se queste attività sono promosse utilizzando videoriproduzioni, se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti.
Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.