JB | Si è aperta la 31° edizione del Salone internazionale del Libro di Torino, ospitato dal 10 al 14 maggio nei padiglioni del Lingotto. Al taglio del nastro i neo-presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, insieme al ministro della Cultura Dario Franceschini.
Ingressi del Lingotto presi d’assalto già una mezz’ora prima dell’apertura, con lunghe code ai cancelli delle biglietterie, soprattutto da parte delle scolaresche. Code che hanno “emozionato” il direttore editoriale della kermesse Nicola Lagioia, convinto che quella di quest’anno sarà «una delle edizioni più belle e ricche».
A inaugurare l’edizione 2018 lo scrittore spagnolo Javier Cercas, con la sua lectio magistralis sull’Europa, una «utopia da sostenere». In poco meno di un’ora Cercas ha tratteggiato la sua idea di Europa, insistendo sui momenti più significativi della sua storia personale e sui suoi ricordi di bambino e del suo Paese. Un’Europa che – George citando Steiner- lo scrittore ha riassunto in cinque assiomi: l’Europa si identifica con i caffè, dove sono nate le grandi filosofie, con la sua natura addomesticata, con al sua storia comune, con l’essere il luogo d’elezione per l’eredità di Atene e Gerusalemme, e con la coscienza della propria caducità.
Proprio uno dei Paesi fondatori dell’Europa unita è ospite principale di questa edizione: la Francia. E maggio francese è il titolo scelto per la sezione di incontri e approfondimenti dedicati alla letteratura e agli scrittori d’Oltralpe. Una scelta non casuale, in un 2018 che riflette sul significato e le conseguenze dei fatti di Parigi del 1968.
Ricco il calendario di appuntamenti fin dalla prima giornata, tra letteratura, storia, giornalismo e attualità.
Come nel caso di Exodus, progetto itinerante di dodici fotoreporter indipendenti torinesi che dal 2016 raccontano le storie dei migranti e le nuove rotte di immigrazione verso l’Italia attraverso i valichi alpini e la pista dei Balcani.
Tra i personaggi della prima giornata di Salone il regista Giuseppe Tornatore con la sua Leningrado il film che non c’è. E che non si farà. Un progetto che ha richiesto ben cinque anni di lavoro continuativo, tra viaggi ricerche e indagini per scrivere una sceneggiatura sui 900 giorni dell’assedio nazista a Leningrado: episodio poco noto della Seconda Guerra Mondiale ma fondamentale per le sorti dell’Europa. Un vero e proprio film epico, oggi diventato un «vero romanzo storico».
Dalla storia all’attualità, con il ricordo di Mimmo Candito, storico reporter di guerra per il quotidiano La Stampa, scomparso due mesi fa. Inviato “con la valigia sotto il letto” dall’Africa al Sud America al Medio Oriente, sempre per raccontare in prima persona fatti e persone dai teatri di rivoluzioni e guerre. Fino alle ultime missioni per spiegare ai lettori del suo giornale la Primavera Araba. Ne hanno parlato insieme alla compagna Marinella Venegoni Vittorio Dell’Uva, Giuseppe Giulietti, Gian Giacomo Migone e Maurizio Molinari. Una riflessione su un modo di fare informazione e trasmettere conoscenza, analizzando eventi e personaggi in tempi in cui, specialmente in Italia, stampa e TV danno sempre meno spazio alle pagine degli Esteri.