JB | Gli Anni di Piombo sono una pagina di storia che noi italiani ancora non abbiamo chiuso. E che continua ad affascinarci, per le ipotesi di complotto che immaginiamo si nascondano dietro i delitti e le stragi. È la tesi sostenuta in un recente articolo pubblicato dall’Economist (Italian are still haunted by the Years of Lead) che nell’anniversario della strage di piazza Fontana prova a spiegare perché la violenza politica vissuta nel nostro paese tra la metà degli anni Sessanta e la fine dei Settanta getti ancora un’ombra sulla società di oggi.
Un’ombra lunga, per il settimanale britannico, un’ombra che giustifica, ad esempio, il successo di un film e di una serie tv come Romanzo Criminale. Ispirata alla versa storia della banda della Magliana la fiction ipotizza legami e connivenze tra il sodalizio criminale romano e apparati dello Stato, coinvolti in avvenimenti chiave degli anni del terrorismo come il rapimento di Aldo Moro e la strage della stazione di Bologna. Episodi per i quali è arrivata una verità processuale, ma dai contorni ancora non ben definiti e per questo suscettibili di interpretazioni.
Proprio questa “zona grigia” è l’elemento che contribuisce a rendere attuali molti fatti di quel periodo. La stessa concatenazione degli eventi successivi all’attentato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura -scrive The Economist- non sono stati chiariti del tutto: il fermo e la morte di Giuseppe Pinelli, l’assassinio del commissario Luigi Calabresi.
Violenza di destra e violenza di sinistra che generarono caos: uno stato di smarrimento a cui a un certo punto provarono a reagire gli artisti, da Giorgio Gaber a Fabrizio De André, che ridicolizzò le aspirazioni dei terroristi con la canzone Il bombarolo. Un clima che ispirò anche il cinema: nel 1976 Carlo Lizzani diresse San Babila ore 20: un delitto inutile pellicola che ricostruisce la giornata (fatta di scontri e violenze) di un gruppo di giovani neofascisti milanesi. E anche così si prese coscienza di ciò che stava avvenendo.
A partire dagli anni Ottanta gli omicidi diminuirono, gli ormai ex terroristi iniziarono a raccontare la loro verità e gli storici provarono a spiegare i fatti con più distacco. Ma il seme era stato gettato: gli italiani continuavano a non capire come abbia fatto l’Italia a diventare così brutale. E non lo capiscono ancora oggi perché -conclude l’articolo dell’Economist- in fondo «anche se i pendolari affollano la stazione di Bologna e i clienti riempiono le vie dello shopping di Milano tra il duomo e piazza Fontana, gli anni di piombo non sono morti».
Leggi l’articolo completo sull’edizione on line dell’Economist.