JB | Alla fine a Torino la Maratona si è corsa lo stesso, nonostante una intera settimana di alte concentrazioni di polveri sottili nell’aria, con livelli costantemente al di sopra dei limiti di legge (leggi qui in nostro approfondimento). Talmente alti, con picchi 9 volte superiori ai limiti, da portare otto giorni fa al blocco delle auto diesel, comprese le Euro5. Nella notte tra sabato e domenica scorsa (la notte prima della corsa) il livello di PM10 in città era a quota 90 microgrammi per metro cubo, complici anche gli incendi che hanno devastato la Val Susa e il Pinerolese. Alle 9 di mattina di domenica 29 ottobre -appena una mezz’ora prima del via della corsa- era sceso, ma si manteneva comunque sul valore di 61 µ/m3. La soglia massima è di 50 µ/m3. Il livello ha continuato a variare, con una forbice compresa tra un massimo di 65 e un minimo di 58.
La decisione di non sospendere né rimandare la corsa è arrivata dopo la riunione di un “tavolo tecnico” in Prefettura, attorno al quale si sono seduti Comune Asl e Arpa. Nessuno stop da Palazzo Civico, ma qualche consiglio contenuto in un comunicato: bere molta acqua, mantenere un ritmo di corsa inferiore a quello abituale e fermarsi alle prime avvisaglie di difficoltà respiratorie. «Abbiamo fatto una valutazione con l’Arpa e con l’Asl -ha spiegato l’assessore allo Sport Roberto Finardi– non ci sono problemi sanitari e abbiamo dato alcune indicazioni ai partecipanti, ma che sono più per chi correrà la non competitiva che per i professionisti». A chiedere comunque l’annullamento della gara era stata l’associazione Cittadini per l’Aria, perché «le concentrazioni di polveri possono essere dannose agli atleti allenati ma soprattutto agli amatori meno preparati che parteciperanno alla corsa abbreviata di 8 chilometri, corsa per la quale non è richiesto il certificato medico». Una situazione resa difficile soprattutto dai fumi degli incendi in valle, che hanno immediati effetti sulla salute e aumentano anche del 49% il rischio di mortalità.
Correre con le condizioni di inquinamento che si sono registrate ultimamente a Torino, dicono gli specialisti, vanifica quanto c’è di salutare nella normale attività sportiva. Basti pensare che in condizione di riposo noi utilizziamo mezzo litro d’aria. Quando corriamo la quantità di aria respirata sale a tre litri. Questo vuol dire che correndo inaliamo una quantità di particelle inquinanti sei volte superiore a quella che respiriamo quando siamo seduti su una panchina a leggere il giornale. Poi, se corriamo in condizioni di elevato inquinamento, irritiamo gli occhi, il naso e le prime vie respiratorie.
Al via si sono comunque presentati in 1.500. A tagliare per primo il traguardo è stato l’azzurro Alessandro Giacobazzi, che ha fermato il cronometro sulle 2h 15′ e 24′‘. Era da sette anni che un italiano non si aggiudicava la corsa. Giacobazzi ci è riuscito, regolando prima il keniano Simon Kamauu e poi il marocchino (e vincitore dell’edizione 2016) Youssef Sbaai quando mancavano sette chilometri all’arrivo. Al giornalista della Gazzetta dello Sport che dopo il traguardo gli ha chiesto se avesse patito le condizioni dell’aria ha risposto: «non ho sentito niente e non ci ho nemmeno pensato». Numeri alla mano la qualità dell’aria ha comunque pensato sui tempi fatti segnare dai migliori: lo stesso risultato di Giacobazzi è di tredici minuti superiore al record del mondo di specialità.