22 Novembre 2024
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di Paolo De LucaPurtroppo si  parla  sempre  più  spesso  di incidenti in montagna. È un fenomeno in crescita perché è aumentato il numero di coloro che desiderano praticare escursioni ed arrampicate  sia  in inverno che in estate, affascinati dalle alte quote e dai paesaggi spettacolari. A questo proposito pubblichiamo volentieri il contributo di Paolo De Luca, maestro di sci e di escursionismo, per dieci anni tecnico di soccorso alpino e di elisoccorso al Gran Sasso d’Italia.

Nella maggior parte dei casi gli incidenti sono da ricondurre a  superficialità e scarsa  preparazione: molte tragedie  si potrebbero  evitare se gli escursionisti e gli alpinisti  facessero  più  attenzione  alle indispensabili norme di sicurezza; l’esperienza, invece, ha dimostrato che spesso la difficoltà deriva da una sopravalutazione delle proprie capacità e da una scarsa valutazione del percorso che si vuole intraprendere e  dei  relativi  rischi. E spiace che gli  infortuni  riguardino  sia i frequentatori più preparati, sia i gitanti  della domenica. In entrambi la possibilità di contare  sul soccorso  gratuito ha finito per indurre un certo irresponsabile innalzamento  dei margini della sfida: tanto, nel  peggiore dei casi, li tirano  comunque fuori. Ma c’è un altro aspetto che emerge prendendo in esame gli interventi di soccorso in montagna. Infatti tutti ci troviamo a fare i conti con i giorni di ferie e la gente approfitta del poco tempo libero per dedicarsi alle proprie passioni, alpinismo , sci – alpinismo, escursionismo compresi. Così, pur di non rinunciare a un’escursione nel poco tempo libero, c’è chi azzarda qualcosa in più. Una scelta che a volte può costare cara. Ed ecco allora gli escursionisti bloccati in quota dal maltempo, gli infortuni per il terreno reso particolarmente scivoloso dalla pioggia  o i  travolti  da valanga.

Quali  sono  le  precauzioni  da  adottare  per  evitare  incidenti  in montagna?

Preliminare a qualsiasi attività in montagna, è la consultazione dei  bollettini meteo, tenendo tra l’altro presente che  in  montagna  le  condizioni  del  tempo  possono  cambiare  in  pochi  minuti,  come  ad  esempio  accade  sulla  catena  montuosa  del  Gran  Sasso  d’Italia  data  la  sua  particolare  vicinanza  ai  due  mari.  

Come  già   accennato, fondamentale  è  scegliere  l’itinerario  in  base  alla  propria  preparazione  fisica  e  capacità  tecnica. Abbigliamento  ed  equipaggiamento  devono  essere  adeguati  alla  difficoltà  ed  alla  durata  dell’escursione.  Nello  zaino con air bag ( è una  sorta  di  palloncino  che  esplode  permettendo  di “ galleggiare”  in  caso  di  valanga)  non  deve  mai  mancare  l’occorrente  per le  situazioni  di  emergenza:  telo  termico,  lampada  frontale,  Kit  di  primo  soccorso (meglio se corredato  di  un  telo  isotermico), bussola,  altimetro  e   telefonino  cellulare – Gps  nel  quale  si  può  scaricare  l’App  “GeoResQ” (è un nuovo servizio di  geolocalizzazione  e  d’inoltro  delle richieste  di  soccorso  che  tiene  traccia  del  percorso  comunicandolo a  chi  volesse  seguirci da  casa  e  per  inoltrare  tempestivamente  la richiesta  di  aiuto  alla centrale  operativa  attiva  24  ore  su  24). In caso di neve  è  opportuno  tenersi  costantemente  aggiornati  sulla  situazione  del  manto  nevoso  consultando  il bollettino  di  previsione  delle  valanghe  che  varia  dal  valore 1 (debole) al  valore  5 (molto forte) senza  dimenticare  gli  elementi  base  dell’autosoccorso:  pala,  sonda,  Artva  (apparecchio  di  ricerca  dei  travolti  in  valanga: è un ricetrasmettitore  che  consente  l’individuazione  di  un  travolto  da  valanga,  attraverso un  segnale  radio  trasmesso  su  una frequenza  convenzionale  di 457 Khz) oltre  ai  ramponi  e  casco  protettivo.  Utile  per  il  corretto  funzionamento  degli  strumenti  elettronici  è  il  controllo  periodico  delle  batterie  per  verificare  la  carica  residua  e  l’utilizzo  di  tipi  ad alta capacità. E’ preferibile non avventurarsi da soli e,  in tutti i casi, la gente fatica  a capire che l’attrezzatura all’avanguardia  e Gps non ci rendono onnipotenti.  Non bisogna fidarsi solo delle attrezzature perché la differenza la fa l’abitudine al territorio, al movimento. Non basta scaricare una App e comperare attrezzature supertecnologiche. Una  volta  si  faceva  tutto  lentamente e non  esisteva internet, c’erano solo le  guide cartacee. Oggi,  grazie alla rete  telematica, c’è uno scambio dati e informazioni aggiornate, ma la montagna ha bisogno di tempo per maturare esperienza.

E l’esperienza è fondamentale per non incorrere in infortuni che a volte possono avere conseguenze drammatiche.  

Consigli  a  parte,  da  più  fronti  si  invoca  una legge  in grado di arginare l’impennata  di incidenti  in montagna.   Attualmente, infatti,   non  esiste  una normativa  con   regole  specifiche  per la sicurezza dello  sciatore-alpinista,  dell’alpinista, dell’escursionista  e  più  precisamente  per  gli  sport  di  avventura.   A  mio  avviso, innanzitutto si  potrebbe  modificare la  Legge  363/2003 sulle  norme  di  sicurezza  e  di  prevenzione  infortuni  per  lo  sci  di  discesa  e  fondo estendendola  anche  allo  sci alpinismo,  all’escursionismo,  all’alpinismo.  Così  come  nell’attuale  legge  si stabiliscono   precise  regole  sulle  piste  da  sci,  anche  nel  caso  di  escursioni  e  arrampicate  in  montagna è  necessario  fissare  regole  più  stringenti.   

Una  soluzione  potrebbe  essere  quella di   stipulare una  polizza  assicurativa  per  le  attività  sportive:   credo  ci  siano   formule  che  coprono  escursioni  impegnative, discese  fuori  dalle  piste  battute  e  probabilmente  anche  vie   ferrate  (sicuramente non arrampicate  di  alto  livello).  Nella  maggior  parte  dei  Paesi  europei  è  prevista  un’assicurazione per questo genere di attività: con  circa  20-30 euro  l’anno  si  è  coperti  in  caso  di  infortunio.

Non si  dovrebbe  partire  dalla   prevenzione?

Certamente.  Gli  addetti  non  indicano  però  la  soluzione  preferendo  continuare  a  finanziare  i  soccorsi  e  le  loro  costose  strutture  invece  di  fare  adeguata  prevenzione,  molto  più  economica  ed  efficace.  Sebbene  molti  conoscono  le  soluzioni,  non  si  adoperano  per  sottoporre  propedeuticamente  a  formazione  i  frequentatori  dei  monti,  così  da  ottenere  il  necessario  aumento  di  capacità,  equipaggiamenti  e  consapevolezza  con  abbattimento  dei  casi  di  difficoltà,  incidenti,  smarrimenti  e  costi  connessi.  Secondo  me, si  ignora  l’esempio  delle associazioni  speleologiche  e  subacquee  che  giustamente  impongono  la frequentazione  di  un  corso  introduttivo  prima  di svolgere  tali  specialità  non  meno  rischiose  dell’alpinismo  dello  sci-alpinismo  o  dell’escursionismo.  E’  ovvio  che  le  pubbliche  amministrazioni  finanzino  tale  attività  formativa  sottraendo  denaro  a  quella  di  soccorso  che in  pochi  anni  ridurrà  enormemente  i  suoi  costi  come  accadrà  anche  per  le  spese  sanitarie  indotte  dagli  incidenti  che  da  sole  basterebbero  a  finanziare  questa  fondamentale  attività-socio-culturale-sanitaria  con  risparmi  incalcolabili.  

Quale  potrebbe  essere  un  valido  deterrente  per  limitare,  se  non  cancellare,  le  imprudenze  in montagna?

Penso che bisognerebbe far  pagare  per  intero  al  cittadino  le operazioni  di  salvataggio  in  montagna  perché  la comunità  non può  e  non  deve  più  farsi  carico  delle  leggerezze  degli  irresponsabili.   Infatti,   le  operazioni  di soccorso  alpino,  oltre  ad  impegnare  mezzi e decine  di  uomini, mettendone a rischio la vita,   in  Italia  sono  un  costo imputato  per  intero  alla  collettività  perché  gestito  dal  servizio  sanitario  nazionale.  La  persona  soccorsa,  quindi,  non  paga  nulla.  Per  riflettere,   basti  pensare  che  un  minuto  di  volo  di  un elicottero  medicalizzato  può  arrivare  a  costare  anche  200 euro;  cifre inferiori,  ma  di  tutto  rispetto,  per  le  operazioni  di  soccorso  con  elicottero  non  medicalizzato  o  a  piedi.  In  Austria,  Francia,  Svizzera e   Slovenia,  che  dal  confine  Italiano  distano  pochi  chilometri  in  linea  d’aria,  il  costo  del  soccorso  è  a  totale  carico del  cittadino  in  emergenza.   In questo modo si cerca di responsabilizzare coloro che decidono di avventurarsi in montagna senza una preliminare valutazione del percorso e delle proprie capacità.  E’ solo in questo modo che gli incidenti potranno diminuire e tante vite umane potranno essere risparmiate;  il tutto  accompagnato, ovviamente, da un risparmio  di   soldi  pubblici  che  potrebbero  essere  investiti   nell’acquisto  di  nuove  apparecchiature  elettromedicali  da  destinare  agli  ospedali.

Convinto   di  questa  proposta?

Certo.  Mi sembra  logico  che  i costi  di  soccorso  alpino  siano  addebitati   a  chi  ne  beneficia.  Andare  in  montagna  è  una  scelta  che  comporta  un  margine  di  rischio;  chi   poi  imprudentemente  si mette  in  condizione  di  pericolo  deve  accettarne  le  conseguenze,  anche   economiche.   Il  paragone  con  altri  tipi  di  soccorso,  come  gli  incidenti  stradali  ad  esempio,   non  regge;  tempi,  costi  e  difficoltà  di  intervento  sono  sicuramente   inferiori    e  meno  problematici  perché  la  gente  comune  non  immagina la  sofisticazione  delle  tecniche,  dei  materiali,  delle  procedure,  che stanno  dietro  agli  interventi  di  salvataggio   in   montagna  e  dei  conseguenti  costi.    

La mia non è una voce isolata: a   perorare  la  proposta   illustri  esperti del settore  di  fama  internazionale,  alpinisti  quali  Abele  Blanc,  Alessandro  Gogna, Reinhold Messner, Giampiero Di Federico,  Pasquale Iannetti  concordano sul deterrente di tipo economico quale strumento per disincentivare i comportamenti negligenti e sull’importanza di diffondere la  cultura  della  prevenzione  del  rischio.  “ Sono  molto favorevole  a  questa  proposta  che  gli  amanti  della  montagna  non  possono  non  condividere”.  Così  esordisce  il  pluricampione  Mondiale  e   Olimpico   Gustav  Thoeni  in una  intervista  rilasciata  al quotidiano  Il  Capoluogo con sede all’Aquila.   

A  chi  spetterebbe  il compito  di  certificare  la  sussistenza  dei  requisiti  necessari  a  giustificare  gli  interventi  di  soccorso  alpino?

I reparti  specializzati  del  Corpo  Forestale  dello  Stato nei  Carabinieri,  la  Polizia,  la  Guardia  di  Finanza, i   Vigili  del  Fuoco,  l’Esercito  (Alpini)  hanno   la preparazione  giuridico – operativa  per  permettere  ai  propri uomini  di  poter  ricostruire  esattamente  qualsiasi  evento   legato   ad   infortuni  ad   alta  quota,  utilizzando   come  parametro  di  riferimento  le  linee  guida del  C.A.I.  sulle  regole  di  comportamento  in  montagna assicurando  anche  le  necessarie  funzioni  di  Polizia  Giudiziaria  nei  casi in  cui,  dalla  dinamica  degli  incidenti,  possono  essere  ravvisati eventuali  elementi  di  interesse  penale.  Infatti,  ogni  corpo  ha  una  propria  squadra  di  soccorso  alpino  pronta  a  collaborare  con quella  del  C.N.S.A.S  del  Club  Alpino  Italiano  la  quale,  ai  sensi  di  una  Legge  di  protezione  civile,  la  numero  74  del  21.03.2001,  ha  il  compito  di  provvedere  alla  vigilanza  e  prevenzione  degli  infortuni  nelle  attività  alpinistiche  escursionistiche  e  speleologiche  nonché  al   soccorso  degli   infortunati,  dei  pericolanti  e  al  recupero  dei  caduti  ad  opera  di  tecnici  di  soccorso  alpino   ed  elisoccorso inquadrati  come  “volontari”  e  quindi   senza  alcuna  retribuzione  economica.       

In   Italia  ci  sono  regioni  dove  il  soccorso  alpino  si  paga?

In  Trentino  Alto Adige,  Val  d’Aosta  e  Veneto,  regioni   ad  alta  vocazione   montanara,  i  propri  governanti  hanno  deciso  di  porre  fine  alla  gratuità  completa  degli  interventi  di  soccorso  alpino  facendo  pagare al  cittadino  in  emergenza   una  sorta  di  ticket  per  ogni  chiamata  invece  dell’intero  salvataggio.  Questo  ticket    sembra  aver  funzionato  bene  perché  le  autorità  e  gli esperti del settore  hanno registrato   una effettiva  diminuzione  delle  richieste  di intervento.

Linea  dura  in  Lombardia  contro  le  imprudenze  in  montagna: dopo  l’introduzione  dell’ARTVA  obbligatorio  su  tutti  i  territori  innevati  fuoripista,  il  soccorso  in  montagna  è  a   pagamento  sull’intera  regione  con  l’introduzione,  anche qui,  di  un ticket  ( il Consiglio  dei  Ministri  a   maggio  2015  ha promosso  la  Legge  regionale  n. 5  del 17/03/2015).  Anche  la Regione Piemonte  si  è  adeguata  ad altre  regioni  Italiane – e al  buon  senso: a novembre 2015  la Giunta regionale  ha  approvato  la  delibera  che  introduce  una  “compartecipazione”  delle spese  al servizio  di  soccorso  in  elicottero  in  caso  di  chiamate  che  non  abbiano  reale  motivazione  o  urgenza. L’assessorato  alla Sanità,  in  una  nota  fa  sapere  che  dal  1° gennaio 2016  sono  scattate  le nuove  regole.

Quanto   costa   un   intervento?

Trentino  Alto  Adige:  ticket  30,00  euro  per  il  ferito  grave (in  caso  di  ricovero  ospedaliero  o  in  presenza  di   un referto  medico  che  attesti  la  gravità  dell’emergenza  sanitaria);  ticket di 110,00 euro  per  il  ferito  lieve  e  ticket  di 750,00 euro  per  persona  illesa.

Valle d’Aosta:  gratuito  in  caso  di  emergenza  sanitaria;  ticket  di  800,00 euro  per  intervento  inappropriato  a  mezzo  elicottero  (rilevato  dall’equipaggio  intervenuto  – es. alpinista  bloccato  in  parete  o  escursionista  con attrezzatura  inadeguata)  e  ticket  di  100,00 euro + 74,80 euro/min (costo  al  minuto  di volo  con aeromobile AB412  o 137,00  con  aeromobile  AW139)  per chiamate totalmente  immotivate ( rilevate  dall’equipaggio  intervenuto).

Veneto:  25,00 euro/min  fino  ad  un massimo  di  500,00 euro  per  il  ferito  grave (con  ricovero  ospedaliero  o  accertamenti  in Pronto Soccorso  di  un  ospedale  pubblico); 90,00  euro/min  fino  ad  un  massimo  di  7.500,00  euro  per  ferito  lieve  o  persona  illesa.

Lombardia: la  quota   oraria è  tra  i  56  euro  l’ora (per intervento di un’ambulanza) ed i 115 (per l’intervento anche di soccorritori, medici e infermieri). La quota  massima per  l’utilizzo dell’elisoccorso sarà di 780 euro. Secondo la normativa pagherà solo chi farà mobilitare i mezzi di emergenza senza la necessità di  ricovero in ospedale mentre è  prevista una riduzione del 30% a  favore dei residenti in  Lombardia. Tariffe che gravano sugli escursionisti in caso di “ingiustificato” intervento del CNSAS per comportamenti negligenti  o   motivazioni   inutili.

Piemonte: diritto  fisso di  chiamata per  ciascuna  squadra 120 euro.   Costo per ogni  ora  aggiuntiva  di operazioni oltre  la  prima  per  ciascuna  squadra:  50  euro.  E questo varrà  per  tutti,  residenti  o  non  residenti.  Se  la  chiamata  è  totalmente   immotivata,  ad  esempio uno scherzo, la corresponsione è  per  l’intero costo  dell’intervento. E  lo  stesso  accadrà  se  le  ricerche  dovranno  essere  attivate a  causa  di  un  comportamento  irresponsabile. Nel  caso di  chiamata  causata  da  utilizzo di  dotazione  tecnica  non adeguata o dalla scelta di percorsi non adatti al livello di capacità o  al mancato  rispetto di  divieti, la  compartecipazione  è fino ad un tetto massimo  di 1000 euro, fermo restando la non applicazione in caso di  ricovero del paziente in reparto o in osservazione breve intensiva in Pronto soccorso.  In  ogni caso spetta  agli  equipaggi  intervenuti  rilevare le  condizioni di cui sopra mentre  le spese per il recupero salma  non  sono  soggette  a  compartecipazione.  

Gli  introiti  ovviamente  non  vanno  nelle  tasche  del  CNSAS  ma  in  quelle  del  sistema  sanitario  nazionale.

E in Abruzzo?

In  Abruzzo,   un  team  di  esperti  (del  quale  faccio  parte anche  io) costituito  dalla competente  commissione  regionale  (Ambiente),   ha redatto  una  bozza  di  Legge  chiamata  “REASTA”  la quale,  a  breve,  verrà  portata  all’attenzione  del   sovrano  Consiglio  Regionale.  Attualmente,  le  operazioni  di  soccorso  alpino sono completamente  gratuite  ai  sensi  della  L.R.  n.20 del 2014.  Novità  fuori  dalle  aree  sciistiche  attrezzate; in seguito alle modifiche della L.R. n. 24 del 2005 è consentito lo scialpinismo, fuoripista compresi, imponendo  l’attrezzatura idonea per praticare tale disciplina sportiva  (ARTVA, pala, sonda  oltre  al  casco   protettivo  i  ramponi  e  lo  zaino  con  airbag).  

IL  CORPO  NAZIONALE  SOCCORSO  ALPINO  DEL  C.A.I.  PERCEPISCE  FINANZIAMENTI  PUBBLICI  PER  SALVARE LE PERSONE  IN  MONTAGNA?

Si. Percepisce  finanziamenti  pubblici  per  circa  10  milioni  di euro  l’anno  tra  Stato  ed  enti  autarchici  locali  quali  Regioni,  Province,  Comuni.  A  questo  punto,  un  aspetto  da  risolvere  è  quello  di  stabilire  se  l’organizzazione  CNSAS  formata  da  volontari  è  opportuno  riceva  finanziamenti  pubblici  invece  di  utilizzare  squadre  di  professionisti  altamente  specializzati  già  esistenti  nel  Corpo Forestale dello Stato (Soccorso Alpino  Forestale)  nei  Carabinieri,  Polizia,  Guardia  di  Finanza (Soccorso Alpino  Guardia  di  Finanza),  Vigili  del  Fuoco (Speleo  Alpino  Fluviale),  Esercito  (Alpini)  a cui eventualmente  destinare  quelle  somme  aumentando  l’efficacia  dei  soccorsi.  A  tal  proposito  è  da  dire  che  la  tempestività  negli  interventi  è  maggiore  da  parte  dei  professionisti  visto  che  i  volontari  devono  lasciare  il  lavoro  e  non  sono  in  continua  attesa  e  disponibilità  per  le  emergenze.         

 

E’  mai  capitato  di  assistere  a  scene  curiose  di  gente  in  difficoltà?

Sì,   quasi  sempre,   una   in  particolar  modo   merita  di  essere  ricordata  perché  mi  ha  fatto  capire  –  una  volta  per   tutte  –   che  le  operazioni  di  soccorso  alpino,   siano  esse  di  carattere  sanitario  e  non,   devono  essere  fatte  pagare  per  intero  al  cittadino  in  emergenza!  

In  una  bella  giornata  di  sole,  ero  con  un  mio  amico  medico  sulla  cresta  Ovest  che  dalla  cima  più elevata  del  massiccio  montuoso  del  Gran  Sasso  d’Italia,  la  vetta  occidentale  del  Corno  Grande  (2912 m s.l.m.),  scende  alla  Sella  del   Brecciaio  (2506 m s.l.m.)  quando,   in  un  punto  molto  esposto  e difficile,  abbiamo  incontrato una  coppia.   Lei  in  evidente   difficoltà,   con  una  decadenza  fisica  significativa piangeva  e  per  la  paura  non  voleva più andare  avanti  né  tornare  indietro. Ci  siamo  subito  fermati  per prestare  aiuto  immediato.   Il  signore  che  era  con  Lei  ci  disse:  ” Grazie,   non  abbiamo  bisogno  di nulla;   tra  poco, se  la  mia  compagna  non riprende  a  salire,  chiamerò  l’elicottero per farla venire a prendere e farla portare al  piazzale  dove  abbiamo  l’auto  parcheggiata.   Tanto  è  tutto  gratis… così approfittiamo  per  fare  un  bel  giro  e  vedere  il  Gran  Sasso  dall’alto”.

Questo  episodio  dimostra  non  solo  la  scarsa  preparazione  di  qualcuno  che  si  avventura  in  montagna,  ma anche  il  poco  valore  etico  nel  considerare  il  lavoro  del  Soccorso  Alpino  e  la  spesa  che  ricade  comunque  su  tutta  la  comunità.  Da  ultimo,  ma  non  meno  importante  è  da  dire  che  scambiare  l’elicottero  del  118  per  un elitaxi  è  inaccettabile  perché  i  mezzi  di  salvataggio  devono necessariamente  essere  riservati  alle vere  emergenze,  che  magari,  mentre  il  velivolo  è  occupato,  potrebbero effettivamente  verificarsi.    

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