di Federico Cuomo e Chiara Cuttica | Pamplona, città navarra del nord-est della Spagna, festeggia SanFirmines. Una settimana di eventi e tradizioni che fino al 14 luglio attireranno migliaia di persone in città. L’appuntamento più atteso e discusso è l’encierro, ottocento metri di corsa a perdifiato lungo le vie del centro, con sei tori e otto buoi lanciati all’inseguimento dei corridori. La prova si ripete tutti i giorni della settimana dedicata alla celebrazione del santo e richiama ogni anno un numero crescente di turisti, soprattutto stranieri. Spesso ubriachi e impreparati mettono seriamente a repentaglio la sicurezza di tutti partecipanti. Quest’anno sono già quattro i feriti dopo la prima giornata di festa. Dal 1922 ad oggi sono state quindici le vittime dell’encierro, l’ultima nel 2009: la crescente partecipazione, capace ormai di attirare anche 3500 corridori al giorno, riaccende la scintilla di una polemica infinita.
Con manifestazioni come l’encierro e la corrida la Spagna è al centro di una continua discussione etico-politica, legata ai temi del libero arbitrio e del rispetto per le specie animali. Gli attivisti di Peta anche quest’anno si sono dati appuntamento a Pamplona, per un flash-mob di protesta poche ore prima dell’inizio dei festeggiamenti: un grupoo di uomini e donne, nudi e con un copricapo a forma di corna, si sono cosparsi di sangue finto in una piazza del centro (guarda il VIDEO). Un acceso dibattito allargatosi all’opinione pubblica mondiale fin dagli anni Venti del Novecento, dalle pagine di Fiesta di Ernst Hemingway, un’opera capace di far riflettere sul drammatico desiderio che porta l’uomo a mettere a repentaglio la propria vita, in cambio di una grande iniezione di adrenalina. Riflessioni ancora attuali, che riguardano non solo discutibili manifestazioni folcloristiche, ma anche un’infinità di episodi spiacevoli legati alla vita di tutti i giorni.
Ma che gusto c’è nell’assistere a una corsa di tori? È una tradizione culturale, una festa di popolo che si celebra dal XIV secolo. Alle origini c’è la volontà di festeggiare il patrono di Pamplona (che non è San Firmino, ma San Saturnino) senza tradire le vere radici della festa: in passato le ricorrenze dei santi erano soprattutto occasione di incontro tra mercanti della città e allevatori delle campagne. I pastori navarri trascorrevano la notte prima della corrida vicino alla città, per poi entrare con le mandrie di tori, lasciati correre per le vie fino a rinchiuderli (encierro significa infatti chiusura) nei recinti vicino all’arena delle corride. All’origine la ricorrenza del patrono era a novembre, ma a causa del freddo venne spostata al 6 luglio; è dalla fine del 1500 che il patrono San Saturnino si festeggia il giorno di San Firmino.
Fu Ernst Hemingway novant’anni fa a dare dignità letteraria alla corsa dei tori di San Firmino. Merito (o colpa) di Fiesta, romanzo pubblicato nel 1926, ambientato nella Pamplona del primo dopoguerra durante i sette giorni della festa del santo. Hemingway arrivò per la prima volta a Pamplona nell’estate del 1923 e la trovò immersa nei festeggiamenti. Uno spettacolo capace di impressionarlo e affascinarlo, al punto che lo scrittore tornò più volte, nonostante la guerra civile e il secondo conflitto mondiale. Hemingway non si limitò a raccontare l’encierro ma volle partecipare in prima persona. Fu così che assistette alla morte di un ragazzo incornato da un toro: un episodio che gli ispirò la scrittura di Morte nel pomeriggio, romanzo breve del 1932. Nel 1968, due anni dopo la morte dello scrittore, la città di Pamplona ha dedicato a Hemingway un monumento vicino alla Plaza de Toros (JB)