25 Ottobre 2024
JB | Quando i manager delle aziende petrolifere guardano una piattaforma offshore vedono soldi. Gli ambientalisti, invece, vedono un disastro in agguato. A dirlo non è un attivista di casa nostra, pronto a incatenarsi a una trivella in mezzo all'Adriatico pur di non far passare sotto silenzio il referendum del 17 aprile. A sostenerlo, anzi a metterlo nero su bianco, è il Los Angeles Times
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JB | Quando i manager delle aziende petrolifere guardano una piattaforma offshore vedono soldi. Gli ambientalisti, invece, vedono un disastro in agguato.

A dirlo non è un attivista di casa nostra, pronto a incatenarsi a una trivella in mezzo all’Adriatico pur di non far passare sotto silenzio il referendum del 17 aprile. A sostenerlo, anzi a metterlo nero su bianco, è il Los Angeles Times. Un editoriale della scorsa settimana -ripreso anche nell’ultimo numero di Internazionale– punta il dito contro una proposta del governo statunitense, intenzionato a concedere tre nuove concessioni petrolifere offshore in Alaska. Una decisione, precisa l’editoriale, quantomeno rischiosa: due delle tre concessioni permetterebbero infatti la trivellazione in pieno Mar Glaciale Artico, forse tra tutti l’ecosistema più fragile al mondo.

Se succeddesse in Alaska quanto accaduto nel 2010 alla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico i danni sarebbero ancor più devastanti. Sei anni fa l’incendio alla piattaforma della BP causò la morte di undici operai e lo sversamento continuo in mare di petrolio per ben 106 giorni. Oggi, per quel disastro, la British Petroleum è stata condannata a pagare un risarcimento da 20 miliardi di dollari (leggi qui).

I rischi delle trivellazioni, conclude il Los Angeles Times, sono ben più alti dei benefici, specie in mare aperto. Oltretutto negli Usa il fabbisogno di combustibili fossili è diminuito negli ultimi dieci anni grazie alle fonti rinnovabili. Ridurre la dipendenza dal petrolio non sarà facile né indolore, ma è un passaggio cruciale. Negli Stati Uniti così come nel Vecchio Continente.

Leggi l’editoriale del Los Angeles Times

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