JB | Il lupo è tornato a popolare le Alpi e si è insediato in forma stabile nelle vallate italo-francesi. Lo confermano i dati del progetto Life Wolf Alps, presentati a Cuneo in una giornata di studi a cui hanno preso parte cinquecento delegati provenienti dai sei Paesi europei dell’arco alpino, dalla Francia alla Slovenia.
Nell’inverno 2014/2015 Life Wolf Alps ha censito per la prima volta una popolazione di 150 esemplari divisi in 23 branchi. Ben 21 di questi vivono in Piemonte: 14 nel territorio della provincia di Cuneo e gli altri sette nella provincia di Torino. Segnalato un solo branco in Valle d’Aosta e un altro tra le province di Verona e Trento. Sulle nostre montagne, poi, vivono anche quattro coppie stabili e un esemplare solitario individuato nel Biellese.
Cresce -e lo fa in maniera costante- una specie che a metà degli anni Settanta rischiava l’estinzione: era scomparsa dalle Alpi e per due decenni non aveva fatto ritorno. Solo nel 1996 sono stati individuati i primi branchi riproduttivi in valle Pesio e in valle Stura, con ogni probabilità provenienti dall’Appennino. Da allora la popolazione è aumentata e l’areale del lupo è in espansione verso nord. Un fenomeno dovuto alla grande capacità di dispersione tipica di questa specie animale, resa ancor più efficace ed evidente da altri fattori. Spiega la zoologa Francesca Marucco del progetto Life Wolf Alps: «alla base del ritorno del lupo sulle Alpi ci sono eventi come il progressivo abbandono della montagna da parte dell’uomo, l’aumento delle foreste, la ripresa delle popolazioni di ungulati selvatici e le misure di protezione adottate nel corso degli anni».
La ricomparsa dei branchi di lupi è indice di una ripresa dell’ecosistema montano, di un nuovo equilibrio e di una rinascita ecologica. Ma, nonostante sia un evento positivo, rischia di avere un rovescio della medaglia complicato da gestire. Le implicazioni saranno quasi certamente di carattere sociale ed economico, visti i possibili conflitti con la zootecnia.
Proprio per questo nel 2015 il Ministero dell’Ambiente ha chiesto all’Unione Zoologica Italiana di preparare un nuovo Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia. La prima bozza è già stata sottoposta alle associazioni di categoria (agricoltori, ambientalisti, animalisti). E come era lecito aspettarsi le osservazioni non sono state univoche, anzi spesso in contrasto. Il 22 dicembre scorso la bozza è arrivata sui tavoli del Ministero e delle Regioni. A breve inizieranno le riunioni tecniche per arrivare a una versione finale del Piano.
L’obiettivo del documento, ribadito durante la giornata di studi, è il mantenimento di una sana popolazione di lupi in Italia, sulle Alpi e sull’Appennino. Il lupo è una specie protetta, dalla legge 157 del 1992 e dal DPR 357 del 1997 che recepisce la direttiva Habitat: il lupo è tra le specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa.
Nonostante le tutele, nel biennio 2013-2015 secondo Legambiente ben 115 lupi sono morti per cause non naturali, vittime di trappole, bocconi avvelenati e fucilate. Dal 2001 a oggi nelle sole valli montane del Torinese sono stati recuperati sessanta lupi morti. La vera denuncia, però, arriva dalla Lega Nazionale per la Difesa del Cane, preoccupata per le deroghe allo status di protezione del lupo che, se attuate, permetterebbero l’abbattimento di un numero non ancora ben definito di esemplari. Specie se questi dovessero costituire un pericolo per gli allevamenti. Le deroghe scatterebbero comunque solo in casi ben circostanziati: l’inefficacia dei mezzi di difesa passivi (reti, recinti elettrici, cani da guardia) e la presenza di pastori a custodire le greggi. Ma sono proprio questi requisiti a preoccupare il presidente della Lega Michele Di Leva: «le deroghe alla caccia del lupo sono in atto ormai da tempo e sono del tutto illecite, sebbene questo dato venga ignorato dagli esperti consultati dal Ministero». Il lupo e il mondo che gli gravita attorno -aggiunge ancora Di Leva- è un buon affare per tutti grazie ai progetti finanziati dall’Unione Europea, ai supporti gratuiti forniti agli allevatori e al rimborso dei capi predati.
Il Piano di conservazione contempla la possibilità di eliminare un numero limitato di esemplari, con interventi circoscritti e controllati. Una soluzione gestionale -è stato detto alla conclusione dei lavori della conferenza di Life Wolf Alps– che ricalca quella adottata nella vicina Francia.